Bagno nei fiumi, allerta estiva per Secchia e Panaro: «È vietato: non rischiate la vita»
Con il caldo tanti scelgono i fiumi per un tuffo, le raccomandazioni di Luca Gozzoli (polizia provinciale): «Nel Modenese solo ai laghi Curiel ci sono zone dedicate alla balneazione, il resto è off limits»
MODENA. A inizio estate a Rubiera alcuni ragazzi sono stati sorpresi a fare il bagno nel torrente Tresinaro, dove la balneazione è vietata. Alla luce di questi avvenimenti non sembra superfluo ribadire la pericolosità dei fiumi al di fuori dei tratti adibiti al nuoto regolarmente presidiati.
Divieto di balneazione
Luca Gozzoli, comandante del corpo della Polizia provinciale, delinea un quadro generale: «Il divieto di balneazione è pressoché totale. Esistono eccezioni, come alcune aree dei laghi di Campogalliano, dove si effettuano allenamenti di nuoto in acque libere da parte di alcune società sportive, sotto il controllo di addetti alla sicurezza. Ci sono due tipi di divieto: quello dovuto a problemi legati all’inquinamento dei corsi e che in genere passa attraverso le analisi delle acque di Arpae; poi il divieto di balneazione più classico, dovuto al rischio dell’incolumità delle persone e che solitamente è un’ordinanza del sindaco competente sul territorio».
I controlli
Un tipo di divieto alquanto residuale infine è l’impedimento all’accesso all’alveo fluviale, caso in cui intervengono gli enti deputati alla cura e all’ordine del fiume, come i consorzi di bonifica, Aipo (Agenzia interregionale per il fiume Po), o la Regione stessa. «Non sempre è semplice far rispettare il divieto di balneazione, perché noi abbiamo centinaia di chilometri di corsi d’acqua. Ci serviamo di pattuglie che periodicamente controllano i percorsi lungo i fiumi in bicicletta e che si impegnano il più possibile, un’attività della polizia provinciale davvero fondamentale. Dobbiamo innanzitutto chiarire che “fare il bagno” significa essere immersi nel fiume senza toccare e con un vero rischio di incolumità. Dunque può diventare difficile distinguere tra chi galleggia su un lettino per stare al fresco e si immerge nel fiume in luoghi dove è presente anche una piccola spiaggia, come ai Due Ponti, località di Fanano, o ancora a Marano, e chi invece prova a nuotare in tratti pericolosi».
Il pericolo dietro l’angolo
Forse per fortuna, riuscire a entrare nei nostri corsi d’acqua per nuotare è molto complicato e, anche quando si è in grado di raggiungere il fiume tramite tratti di argine, difficilmente una persona che ha a cuore la propria vita può pensare di tuffarvisi: «Le condizioni sono assolutamente precarie sotto ogni punto di vista; anche solo raggiungere la sponda è pressoché impossibile. Si tratta dunque di casi isolati e residuali». Nonostante il numero di incidenti sia basso, il problema è la loro gravità: «Purtroppo periodicamente dobbiamo fare i conti con situazioni le cui conseguenze possono anche essere decessi da annegamento e che quindi, anche se non capitano spesso, provocano enorme dolore. Noi cerchiamo di fare del nostro meglio per evitarle e pensiamo che sia sempre una questione di prevenzione e non di sanzione. Al di là dell’ammenda infatti, bisogna invitare una persona a uscire dall’acqua più che sanzionarla, perché non sta commettendo un reato, a meno che il divieto non pertenga alla tutela ambientale del fiume, per cui si sta danneggiando l’ecosistema illegalmente».
Solitamente le persone vanno in acqua e si bagnano, magari fino al ginocchio, senza fare un’immersione completa. È il caso di gite al torrente Scoltenna in alta montagna e affini: «Le sanzioni sono legate alle ordinanze dei territori specifici, ma nella mia esperienza non ho alcun ricordo di sanzioni effettuate per questo motivo, forse anche perché ormai è una pratica rara. Anche nelle ultime pattuglie effettuate in bicicletta – che tra l’altro è l’unico modo per raggiungere quei tratti di fiume, perché in automobile è impossibile – non ci è mai capitato di vedere qualcuno che facesse il bagno, anzi avviene sempre meno. Nei pochi laghi rimasti sul nostro Appennino è una pratica ulteriormente in calo. A volte, al massimo, possono capitare incidenti coi canoisti, ma lì si sta parlando di una fatalità che avviene praticando uno sport estremo, dovuta a un errore umano». Sembrerebbe dunque che ci sia una buona dose di consapevolezza tra la gente, ma è sempre bene ricordare ai cittadini di usare prudenza: «Noi ribadiamo periodicamente l’importanza di tutelare la propria incolumità. Il cittadino deve usare buonsenso: le zone dove le persone si recano per rinfrescarsi durante le estati più torride sono, tra le altre, la spiaggetta di Casona lungo il Panaro e il parco fluviale di Marano. Si tratta di luoghi presidiati dove l’acqua arriva al ginocchio, in cui è possibile organizzare pic-nic e grigliate in tutta tranquillità. Ci sono spazi analoghi sul fiume Secchia, resi sicuri anche dalla presenza di altre persone. Uno dei problemi di fare il bagno in tratti isolati infatti è la difficoltà di chiedere aiuto in caso di malore o annegamento, oltre che di intervento per eventuali soccorsi».
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