Bibbiano e il caso affidi, ecco la sentenza: tre condanne lievi e undici assolti
La Procura aveva chiesto pene per 64 anni, ma non ha convinto i giudici
REGGIO EMILIA. Tre condanne lievi tutte sospese – per Federica Anghinolfi, Francesco Monopoli e Flaviana Murru – e una pioggia di assoluzioni. L’attesa sentenza del processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza è arrivata puntuale alle 17.30 di venerdì 9 luglio, quando la presidente del collegio, giudice Sarah Iusto (a latere Michela Caputo e Francesca Piergallini), ha letto la sentenza in un’aula di corte d’Assise gremita di avvocati e pubblico. Tre sole condanne di modesta entità, a fronte di una richiesta complessiva di 64 anni di carcere (per 14 imputati e ben 108 capi d’imputazione) avanzata dall’accusa, pm Valentina Salvi, che ha ascoltato il verdetto di primo grado in rito ordinario affiancata dal procuratore capo di Reggio Emilia Calogero Gaetano Paci.
La principale imputata, Federica Anghinolfi (l’accusa aveva chiesto 15 anni), l’ex dirigente dei Servizi sociali Val d’Enza presente al mattino ma assente alla lettura del verdetto, è stata condannata a due anni (pena sospesa, significa che non andrà mai in carcere ma resterà sulla fedina penale) per due reati (falsità ideologica commessa in atto pubblico e falsa attestazione su una voce di spesa per aver indotto in errore con l’inganno l’Unione che approvò l’aumento di quota affido) legati alla vicenda della cuoca del centro pomeridiano per minori che risultava affidataria senza esserlo, come ha ammesso lei stessa, e che figurava come destinataria delle fatture emesse dai Servizi finite nel bilancio dell’Unione. Sono state escluse le aggravanti. Per tutte le altre accuse (circa 45) è scattata l’assoluzione o il non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
Sempre per falsità ideologica Francesco Monopoli (per lui chiesti 11 anni e mezzo), l’assistente sociale braccio destro di Anghinolfi, è stato condannato a 1 anno e 8 mesi (pena sospesa) per aver calcato la mano sui sintomi di una minore ricoverata per crisi epilettica (che «temeva di essere rapita») in una relazione di aggiornamento del 2018, «pienamente consapevole della falsità degli atti». Siccome per quella relazione Anghinolfi e Monopoli sono coimputati, entrambi sono stati condannati al pagamento delle spese legali e al risarcimento dei danni in sede civile: da quantificare l’entità delle somme, di certo minime rispetto ai risarcimenti milionari proposti. Per Flaviana Murru, neuropsichiatra Ausl, una pena di 5 mesi (l’accusa ne aveva chiesti 8) per rivelazione di segreto d’ufficio in una intercettazione. Assolti con formula piena – per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste – tutti gli altri: la psicoterapeuta Nadia Bolognini (chiesti 8 anni e 3 mesi), la psicologa dell’Ausl Imelda Bonaretti (6 anni e 6 mesi), l’assistente sociale Annalisa Scalabrini (6 anni e 4 mesi), l’assistente sociale Sara Gibertini (5 anni), l’educatrice Katia Guidetti (4 anni), l’educatrice Maria Vittoria Masdea (4 anni), l’ex coordinatrice dei Servizi sociali Marietta Veltri (3 anni), la coppia di affidatarie Fadia Bassmaji e Daniela Bedogni (3 anni), la psicologa Federica Alfieri (2 anni) e la neuropsichiatra Ausl Valentina Ucchino (8 mesi).
Così si è chiuso il processo sui presunti affidi illeciti, impropriamente noto come il caso Bibbiano, sui minori strappati alle famiglie d’origine e dati in affido sulla base di falsi abusi sessuali secondo l’accusa. Un’istruttoria durata quasi tre anni e dalle dimensioni monstre: una trentina di parti civili, oltre 400 testimoni tra accusa e difese, 14 imputati (sui 24 originari) per 97 capi di imputazione (in origine 108). Un processo molto discusso, che ha diviso la città e l’Italia in colpevolisti e innocentisti, caratterizzato da scontri in udienza e da un’infinita gamma di strumentalizzazioni politiche e non. Lo scandalo sulla presunta rete illecita negli affidi di minori dell’Unione Val d’Enza scoppiò nel 2019, durante la corsa per le elezioni regionali, che si giocò sullo slogan “Parlateci di Bibbiano” (Matteo Salvini dixit), tra manifestazioni e dirette televisive nazionali. Nelle scorse settimane il clima è tornato a surriscaldarsi dopo che i difensori di Anghinolfi, Oliviero Mazza e Rossella Ognibene, hanno reso noto di aver ricevuto un avviso di notifica proprio nei giorni della loro arringa: sono indagati per calunnia dalla Procura di Ancona, competente per i reati commessi contro i magistrati, per un’eccezione (rigettata) sollevata lo scorso anno. In una parrocchia di Reggio è stata perfino organizzata una messa per gli imputati (poi annullata) in vista della sentenza. In mezzo non soltanto si è visto di tutto – urla e offese in aula, la morte a soli 54 anni dell’avvocato di parte civile Patrizia Pizzetti, un libro mai esposto nella tabaccheria del tribunale – ma per diversi motivi il quadro accusatorio ha perso pezzi e imputati: clamorosa l’assoluzione (più celere grazie al rito abbreviato) di Claudio Foti, il “lupo di Bibbiano” cacciato da un ristorante in centro a Reggio, condannato in primo grado a 4 anni e assolto in Cassazione nell’aprile 2024, mentre nell’ottobre 2024 l’allora sindaco di Bibbiano Andrea Carletti e il presidente dell’Unione Paolo Colli sono stati prosciolti dopo l’abrogazione del reato di abuso di ufficio.
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