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Il caso

Cade in aula, alunno in ospedale: i genitori denunciano la maestra, il motivo

di Mattia Vernelli
Cade in aula, alunno in ospedale: i genitori denunciano la maestra, il motivo

Un undicenne di una scuola elementare è finito al pronto soccorso dopo uno scherzo della sedia

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MODENA. Attacchi epilettici, sguardo perso nel vuoto, movimenti involontari degli occhi. Queste le lesioni subite da un bambino di 11 anni a causa di uno scherzo di un compagno di classe, che gli ha tolto la sedia mentre si stava sedendo. È accaduto in una scuola elementare della provincia e la famiglia ha intrapreso una causa legale, denunciando la maestra. Stando alla ricostruzione dei genitori, la docente avrebbe sottovalutato la situazione e si ipotizza inoltre che non fosse presente in aula al momento dell’episodio. Avrebbe allertato i genitori, sì, ma dicendo «di non preoccuparsi, perché il bambino non si era fatto nulla».

Dai banchi al tribunale

Questi i contorni legali di una vicenda accaduta a inizio maggio. Sono le 15.10 quando la madre riceve una chiamata dalla scuola. Al telefono c’è la maestra: chiede di venire a prendere il figlio perché è caduto dalla sedia, ma non c’è motivo di preoccuparsi. I genitori sostengono che la docente avrebbe cercato di tranquillizzarli. La signora si precipita a scuola e trova invece il figlio che lamenta dolore alla testa ed è in evidente stato confusionale. L’insegnante avrebbe ribadito che non era necessario chiamare il 118, e intanto viene alla luce un’altra versione dei fatti rispetto a quella annunciata al telefono: il bambino non è caduto dalla sedia autonomamente, è stato vittima di uno scherzo di un compagno che avrebbe ammesso di aver fatto lo scherzo.

La madre porta quindi il figlio all’ospedale di Baggiovara. Il referto dei medici è allarmante: un trauma cranico commotivo che porta al «ristagno spontaneo orizzontale verso sinistra, non fissato dallo sguardo». Tradotto: il bambino ha un movimento involontario e ripetitivo degli occhi, un disturbo provocato da una disfunzione delle aree del cervello che controllano i movimenti oculari. La prognosi è di cinque giorni.

È solo l’inizio di un calvario che durerà un mese: pochi giorni dopo la famiglia torna al pronto soccorso perché il bambino per due minuti consecutivi ha lo sguardo perso nel vuoto. I medici del Ramazzini di Carpi accertano un altro quadro medico preoccupante: crisi molto simili a quelle tipiche dell’epilessia. Gli attacchi continuano nelle settimane successive e saranno necessari ulteriori interventi del 118, ma fortunatamente, gradualmente, vanno riducendosi. Il medico, esattamente un mese dopo, constata l’assenza di danni permanenti, e gli episodi sincopali si fanno sempre più rari fino alla totale scomparsa. La tranquillità ritorna in famiglia, che, però, intraprende una causa legale.

Le due versioni contrastanti

Assistiti dall’avvocato Gianni Casale, viene denunciata la maestra alla Procura di Modena per chiedere di aprire un fascicolo di indagine sulla gestione della situazione. Oltre al mancato allarme, la famiglia punta il dito contro la ricostruzione apparsa nel portale della scuola il giorno dopo all’accaduto: «L’alunno - avrebbe scritto l’istituto - mentre si alzava in piedi dalla sedia scivolava, cadendo sul sedere battendo la schiena con la sedia».

La dinamica riportata, denuncia la famiglia, «non solo è falsa ma tende a dare palesemente la colpa del fatto al minore stesso in una ricostruzione che quasi vuole proteggere la responsabilità di chi avrebbe dovuto sorvegliare i minori in classe. Infatti, come riferito dal bambino, la maestra non era in classe essendosi allontanata, verosimilmente, per telefonare in quanto vista uscire con il cellulare. Significativo il fatto che venga denunciato un trauma alla schiena mentre nessun esito di contusione alla schiena è stato rilevato dai vari accessi al pronto soccorso».

La famiglia accusa inoltre la scuola di aver eretto un muro. La dirigente scolastica e la maestra si sarebbero sottratte al confronto, mentre la versione ufficiale fornita dal provveditore Giuseppe Schena non convince la famiglia: «La maestra ha fin da subito soccorso lo studente - sostiene Schena - e ha applicato del ghiaccio sulla schiena, dove lo stesso bambino riferiva di aver dolore, tanto che non comunicava di aver battuto la testa. Inoltre il bambino era vigile e reattivo mentre preparava in autonomia lo zaino in attesa dell’arrivo della madre. Infine la maestra era stata informata dalla madre, nei giorni successivi, che il figlio era stato tenuto in osservazione al pronto soccorso dato che non ricordava l’accaduto».

«La risposta ci ha lasciato senza parole - dicono i genitori - abbiamo appreso che la maestra aveva applicato ghiaccio sulla schiena del bambino senza mettere in campo i necessari protocolli di assistenza e di cautela a seguito di una caduta. L’insegnante ha deliberatamente omesso di chiamare i soccorsi e dubitiamo fosse in classe al momento del fatto. L'intervento della docente avrebbe, a nostro avviso, dovuto essere tempestivo e mirato. Il bambino non stava bene, tanto che ci siamo dovuti subito recare al pronto soccorso contrariamente alle rassicurazioni che aveva espresso la maestra».

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