Gazzetta di Modena

Modena

Il giallo di via Stuffler

Omicidio Marangio, c’è un sospettato: andava spesso a casa del prof a Modena

Daniele Montanari
Omicidio Marangio, c’è un sospettato: andava spesso a casa del prof a Modena

È un uomo su cui convergono diverse testimonianze e i riscontri dei tabulati

3 MINUTI DI LETTURA





MODENA. C’è un sospettato nell’ambito delle indagini sulla morte di Raffaele Marangio, lo psicoterapeuta 78enne rinvenuto il 26 luglio disteso supino nello studio della sua abitazione di via Stuffler con una cintura al collo. Una morte per cui la Procura ha aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio volontario: il primo elemento contro l’ipotesi del suicidio è la posizione innaturale della salma, distesa come se fosse stata ricomposta da qualcuno.

La presenza misteriosa

In questi giorni gli investigatori della Squadra Mobile hanno ricostruito il cerchio di conoscenze del prof, sentendo diverse persone. E più d’una avrebbero posto l’attenzione su un uomo che frequentava spesso la casa del professore, al punto da poter essere considerato un conoscente stretto. È su di lui che ci si sta concentrando nelle indagini, perché il fatto che tra lui e il prof ci fosse un contatto frequente sarebbe confermato anche dai primi riscontri dell’esame dei tabulati del cellulare della vittima. Una persona che era dunque un riferimento per lo psicoterapeuta, e che sarebbe venuta a casa sua anche in circostanze temporali considerate, se non a ridosso, comunque molto vicine alla morte.

Il punto è che, a quanto è dato sapere, questa persona non è stata ancora identificata. Il riscontro con le telecamere di videosorveglianza infatti è complicato dall’enorme quantità di video da esaminare – le 48 ore tra la sera di giovedì 24 (ultima telefonata con la figlia) e sabato 26 – e le forze limitate a disposizione in questo periodo. Dalla scoperta della morte però sono passate ormai tre settimane: questa persona adesso potrebbe essere molto lontana, anche all’estero.

La cintura

In questo contesto, la Procura ha congelato esami scientifici cruciali come quello delle tracce di Dna lasciate sulla cintura che la vittima aveva attorno al collo. Si tratta di accertamenti tecnici irripetibili che vanno eseguiti in incidente probatorio, dando la possibilità a un eventuale indagato di nominare un proprio consulente. Anche questo stop conferma che ci sono sospetti ormai bene indirizzati verso una persona. Nei cui confronti però non può essere emesso ancora alcun avviso di garanzia, fino a completa identificazione.

La cintura è un altro elemento cruciale nell’indagine. È confermato infatti che si tratta di una cintura in pelle, presentando come tale i diversi fori per stringerla. Non dunque una cintura elastica priva di fori per cui, in via teorica, una persona potrebbe tentare autonomamente di stringerla chiudendola in fondo. Una cintura in pelle non ha fori nella parte finale tali da stringere una circonferenza piccola come quella di un collo, molto diversa da quella della vita, per cui è pensata. Per stringere una cintura in pelle fino all’asfissia – in assenza di impiccagione, come è confermato in questo caso – ci vuole un braccio che la mantenga in tensione. E può essere solo quella di un esterno: la vittima stessa non ci riuscirebbe da sola. Da qui l’ulteriore pista dell’omicidio o del suicidio assistito, data l’assenza di segni di colluttazione. per mano di una persona che, in quanto conoscente stretta, avrebbe poi ricomposto la salma in segno di rispetto per il vincolo di amicizia.