«Nel ristorante e in spiaggia non prendiamo bambini»: scoppia il caso a Milano Marittima
Una famiglia modenese voleva prenotare il pranzo in un noto stabilimento balneare, è stata respinta dal titolare: «La nostra è una scelta commerciale, facciamo così anche per compleanni e addii al celibato e al nubilato»
CERVIA. «Non prendiamo bambini». Voleva prenotare per pranzo al ristorante di un noto stabilimento balneare di Milano Marittima, ma gli hanno risposto così. Per Andrea Mussini, turista modenese in vacanza con moglie e figlio di 5 anni e mezzo, lo stupore iniziale si è trasformato in rabbia. Ci ha pensato, si è confrontato, e alla fine ha preso il telefono per raccontare l’accaduto lunedì.
Il racconto del turista modenese
«Erano le 12 circa, ero in passeggiata con mia moglie ed eravamo arrivati al capolinea quando abbiamo deciso di prendere un caffè. Il posto era carino, così abbiamo deciso di prenotare per pranzo uno dei prossimi giorni. Nostro figlio non era con noi in quel momento. Per fortuna non mi sono limitato a dire “per tre” ma ho specificato “col bimbo”. Ci hanno detto che non prendono i bambini». Ma come? si è chiesto Mussini. Arrivato i primi di agosto a Milano Marittima per trascorrere le vacanze in Romagna fino a settembre, non si aspettava di imbattersi in un locale “childfree”, senza bambini appunto. «Siamo soliti mangiare fuori a pranzo e cena tutti i giorni – continua Mussini – per noi la vacanza è questo. Nostro figlio è abituato a stare a tavola, non disturba, non ha bisogno di seggiolone, e non abbiamo mai avuto problemi, ristoranti stellati compresi. Ci sono rimasto talmente male che ho somatizzato durante tutto il percorso di ritorno».
La giustificazione del titolare
È provato il titolare dello stabilimento nel rispondere al telefono. Fra le spiagge di Mi.Ma. la sua è stata una delle attività più colpite dal maltempo. Ma non si sottrae alle domande e cerca di spiegare quella che definisce «una scelta commerciale». «Non odiamo i bambini – spiega – da 33 anni facciamo così. All’inizio venivano solo giovani, ed erano le famiglie a puntare su altri bagni. Ora vengono persone di tutte le età, e se scelgono noi è perché vogliono stare più serene, sapendo che qui non ci sono bambini piccoli, perché solitamente li prendiamo dai 10 anni in su, sia in spiaggia che al ristorante, con eccezioni che possono riguardare particolari momenti della settimana o persone con le quali abbiamo un particolare rapporto di fiducia». Niente caramelle, patatine o gelati, come nemmeno gonfiabili, castelli, altalene o campi da beach tennis. «Non abbiamo lo spazio per posizionarli – prosegue – i bimbi non si divertirebbero e nemmeno i genitori. Così abbiamo deciso di differenziare l’offerta turistica: non potrei competere altrimenti con la concorrenza». Una proposta, spiega, importata dall’estero, dove, assicura, «sono sempre più i locali che non accettano bambini, e dove anche a me in passato è capitato con mio figlio di rimanere alla porta». Non ci sta a essere accusato di discriminazione: «Mi sto solo ritagliando una fetta di clienti, così come fanno a Milano Marittima anche altri tre o quattro alberghi e un altro mio collega. Se il turista si è offeso, si è sbagliato, non avevamo nulla contro di lui o suo figlio. È pieno di locali che lo avrebbero accolto senza problemi». Sullo stesso piano dei bambini, l’imprenditore balneare mette anche compleanni, addii al celibato e al nubilato. «Non li prendo più per lo stesso motivo. Disturbano l’atmosfera tranquilla. Così rinuncio a una barca di soldi per tutelare il mio lavoro».
Il sindaco di Cervia: «Inaccettabile»
Perplesso il sindaco di Cervia, Mattia Missiroli. «Non ero a conoscenza di questa preclusione e sono contrario. Un locale dev’essere aperto al pubblico, bambini compresi, salvo particolari limitazioni». L’esempio più scontato, i night club, per ovvi motivi. «Un ristorante offre un servizio di prima necessità – aggiunge – un conto è non fare entrare un gruppo di ragazzini ubriachi, diverso invece è non ammettere un bimbo che vuole mangiare col padre. Non è ammissibile, ne va dell’immagine della località, aperta a tutti». Non esclude che possano scattare verifiche, «ma è necessario che il genitore decida di segnalare formalmente l’accaduto». Il titolare del bagno sostiene di essere nel giusto: «Possiamo farlo, non violiamo alcuna norma. Lo sanno tutti che da noi funziona così». Una frase alla quale replica il turista modenese: «Se ci fosse stato un cartello, non sarei nemmeno entrato per il caffè».