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Il caso

Martina Strazzer racconta la sua verità: «Falso il curriculum dell’ex dipendente»

di Ginevramaria Bianchi
Martina Strazzer racconta la sua verità: «Falso il curriculum dell’ex dipendente»

L’amministratrice delegata di Amabile torna sul caso di TikTok

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MODENA. Mattina Strazzer ha raccontato la sua verità. Dopo settimane lontana dagli schermi, la Ceo di Amabile è tornata su TikTok con ben tre video fiume in cui ha messo il curriculum di Sara (la dipendente che ha assunto e a cui poi non ha rinnovato il contratto mentre era in gravidanza) al centro della scena. E in cui ha ribaltato, non di poco, la narrazione che, fino ad ora, era stata fatta sulla faccenda.

«Avrei voluto evitare questo momento… Stavo cercando di tenermi alta, e mi sarebbe veramente piaciuto limitare il tutto solo alle sedi competenti. Però sono stanca di vedermi colpevole per qualcosa che non ho commesso», attacca l’imprenditrice modenese. Poi, da qui, parte un racconto serrato, che non lascia spazi a interpretazioni: l’esperienza professionale di Sara, sostiene Strazzer, non era stata presentata in modo trasparente e chiaro.

La difesa diventa contrattacco

«Aveva veramente tanti anni di esperienza, sì. Quello che però poi si è scoperto, è che questi anni non erano tutti maturati nello stesso ruolo, nella stessa mansione», puntualizza. Il ruolo ricoperto in Amabile, precisa, era stato infatti svolto «solo negli ultimi pochi mesi di carriera, appena prima del suo ingresso nell’azienda». E secondo la Ceo, proprio da quella inesperienza sono nati errori concreti e significativi. Da qui, la decisione di non rinnovare il contratto, comunicata in più occasioni, a detta di Strazzer: «Non è vero che non le sono state spiegate le ragioni del licenziamento. Abbiamo avuto con lei quattro incontri in merito», incalza.

Il resto del video è una lunga difesa che diventa contrattacco. Le attività durante la maternità che Sara aveva detto di aver svolto vengono definite «volontarie e spontanee», fatte per comprendere meglio le operazioni contabili. Mentre le promesse di indeterminato vengono ridimensionate a «una conversazione di poco più di un minuto, nella quale io mi sono limitata semplicemente a dire che salvo strane sorprese saremmo stati più che felici di accoglierla al suo ritorno a braccia aperte».

«Un imprenditore non deve rabbrividire»

Mentre sull’accusa di purpose washing, Strazzer, invece, si assume «la piena e totale responsabilità di aver raccontato una normale assunzione con entusiasmo, probabilmente esagerato e a tratti forse inappropriato», ma ribadisce la validità del messaggio: «Un imprenditore non deve rabbrividire davanti a un pancione».

La chiusura è un colpo di coda, che suona insieme come sfida e autoassoluzione: «Se io fossi stata così stratega da architettare questa intera assunzione addirittura decidendo di allocare decine di migliaia di euro di budget sul pagamento di un’intera maternità di una risorsa per il puro e mero scopo di servirmene dal punto di vista comunicativo – chiede – sarei stata poi così stupida da non assicurarmi di rinnovare quel contratto?».