Da Emanuela Orlandi e Denise Pipitone ad Alle Venturelli: «Una bara vuota per ricordare che sono scomparsi, non sepolti»
La manifestazione organizzata a Roma da Roberta Carassai, madre del giovane sassolese di cui non si hanno più notizie dal 2020, con Pietro Orlandi, Marisa Alagna (moglie di Antonino Pipitone) e i familiari di tante persone scomparse: Giacomo Solinas, Marco Benso, Riccardo Branchini, Tulio Rossi e molti altri
ROMA. «Una bara vuota, aperta, per ribadire che Alle è scomparso, non sepolto. E che bisogna continuare a cercare». È l’appello lanciato da Roma da Roberta Carassai, madre di Alessandro Venturelli. Nella capitale si è tenuta una manifestazione che ha riunito familiari di tante persone scomparse: Emanuela Orlandi, Denise Pipitone, Giacomo Solinas, Marco Benso, Riccardo Branchini, Tulio Rossi e tanti altri.
Roberta, che da quando “Alle” è sparito non si è mai arresa, insieme all'avvocato Claudio Falleti e Marc Di Maggio ha fondato l’associazione “Nostos”, che si occupa di sensibilizzare sul tema delle persone scomparse. E proprio con “Nostos” ha messo in piedi questa manifestazione.
«Eravamo più di settanta, uniti per chiedere giustizia – continua Carassai –. La bara aperta è il simbolo dell’incognita che avvolge tutti i casi come questi. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni. È umiliante essere costretti a battagliare contro la giustizia. Noi chiediamo l’attivazione di tutti gli strumenti utili in possesso alle Procure. A partire dai droni, che possono aiutare a localizzare e identificare rapidamente le persone. Un altro punto su cui insistiamo è quello di acquisire tempestivamente le immagini di videosorveglianza. Il caso di Alle è eclatante da questo punto di vista. In cinque anni non è stata visionata nessuna telecamera. Avrebbero potute essere decisive, soprattutto nelle prime ore dalla sparizione».
Alessandro Venturelli è scomparso nel 2020. Da lì, si sono susseguite diverse segnalazioni, l’ultima quella arrivata da Bucarest un anno fa, ma nessuna ha portato a svolte concrete. Lo scorso 9 luglio il pm ha chiesto per la terza volta per l’archiviazione, in attesa della risposta del giudice.
«C’è un buco legislativo che permette di archiviare con facilità i casi di sparizione. Non dubito che Alle si possa essere allontanato sulle proprie gambe – insiste Carassai –, come sostiene la Procura. Ma è chiaro che è avvenuto in un momento di estrema fragilità, di grande malessere interiore, e non è mai stata presa in considerazione la possibilità che sia stato manipolato da altre persone. L’allontanamento volontario non può, non deve essere un paracadute per la giustizia».
Il corteo dei famigliari degli scomparsi è partito ieri da via Giulio Cesare e ha raggiunto piazza Cavour.
«Oltre alla maggiore celerità delle indagini, chiediamo l’istituzione di professionisti formati specificamente per la ricerca delle persone scomparse. È un dolore che accomuna tutti i familiari di persone su cui non si hanno risposte. Siamo tutti in guerra con la giustizia. L’allontanamento volontario non può essere un modo per autorizzare la sospensione delle indagini. Una persona che sta bene dice che ha bisogno di una pausa, avverte che si sta allontanando. Invece Alle viveva un profondo malessere, e non possiamo accettare l’allontanamento volontariamente come motivazione. È lecito immaginare che dietro alla sua sparizione ci sia il coinvolgimento di altre persone», conclude Carassai.
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