Superbonus e Bonus facciate, il bilancio di Ance: «Il primo efficace, l'altro ha generato frodi»
Stefano Betti, presidente dell’area Emilia Centro dell’associazione: «Il fenomeno delle imprese nate e sparite c’è stato anche in Emilia Romagna: sulle 4.600 avviate nel 2023, molte oggi sono sparite dal mercato, liquidate o fallite»
Qual è la situazione in emilia romagna sul fronte delle prtatiche legate al Superbonus? Abbiamo chiesto a Stefano Betti, presidente di Ance Emilia Centro, di fare il punto.
Betti, l’Emilia-Romagna è stata secondo l’Enea la seconda regione italiana per investimenti ammessi a detrazione legati al Superbonus, 11,6 miliardi di euro. Ci sono ancora molti cantieri aperti?
«La fotografia mensile che elabora Enea conferma che a fine agosto il 98% degli investimenti ammessi a detrazione in Emilia-Romagna è arrivato a compimento, infatti i lavori conclusi ammontano a quasi 11,4 miliardi. Il dato è in linea con quanto rilevato dal Centro Studi dell’Ance e conferma che la gran parte degli interventi agevolati con il Superbonus è stata completata o è in fase di chiusura. Premesso questo, un focus particolare e molto importante meritano i cantieri legati alla ricostruzione post sisma 2012 ancora aperti, per i quali è possibile beneficiare del Superbonus, anche con il meccanismo dello ‘sconto in fattura’, per le quote rimaste a carico dei danneggiati perché non coperte dal contributo sisma. Diverse sono le pratiche Mude ancora aperte relative ad immobili residenziali danneggiati e ubicati nei 15 comuni ad oggi rimasti nel cosiddetto ‘cratere sismico’ e per queste l’opportunità di sfruttare il Superbonus scade a breve, il 31 dicembre 2025. Chiediamo con forza che le forze politiche locali e regionali dialoghino urgentemente con il Governo per trovare una soluzione anche per i terremotati dell’Emilia. Si devono mettere in campo iniziative di proroga a tutto il 2026 analoghe a quelle già legiferate in favore dei terremotati del Centro Italia 2016 e dell’Abruzzo 2009, per evitare che ci siano terremotati di serie A e terremotati di serie B».
Pochi condomini e molte villette. In molte parti d’Italia questi sono stati gli edifici coinvolti dal Superbonus. È stato così anche nella nostra regione?
«In termini di numerosità degli edifici oggetto di Superbonus, registriamo complessivamente circa il 33% di interventi riconducibili a condomini, circa il 25% ad unità indipendenti in edifici plurifamiliari, ed il 42% di villette unifamiliari. Il dato interessante da sottolineare per la nostra regione, e che ribalta nella sostanza le proporzioni relative alla quantità degli edifici coinvolti, è quello relativo agli investimenti generati dai cantieri condominiali, che rappresentano ben il 74% del totale, la quota più rilevante tra le regioni italiane».
Il fenomeno delle imprese edili nate solo per questo fine e poi chiuse. Come sono andate le cose da questo punto di vista in Emilia-Romagna?
«Il fenomeno delle imprese edili nate e chiuse nell’arco di pochi anni per sfruttare il ciclo del Superbonus ha interessato anche l’Emilia-Romagna, che pur essendo una regione con un settore edile storicamente solido, non ne è stata immune. A livello nazionale, i dati di InfoCamere/Sole 24 Ore hanno evidenziato che circa 11.000 imprese edili avviate da settembre 2020 (dall’introduzione del Superbonus) hanno chiuso i battenti tra il 2022 e il 2023. Come Ance abbiamo sin da subito sottolineato come, trattandosi di fatto di soldi pubblici, le imprese dovevano essere qualificate, anche e soprattutto per la sicurezza dei cantieri e per il contrasto al lavoro irregolare. In Emilia-Romagna, l’andamento è stato certamente in linea con il trend nazionale, sebbene non siano disponibili dati regionali ufficiali che indichino esattamente il numero di queste imprese ‘mordi e fuggi’ (un dato su tutti è significativo: in regione nel solo 2023 sono nate circa 4.600 imprese!) molte delle quali oggi sono sparite letteralmente dal mercato (in diversi casi abbandonando il cantiere), liquidate o fallite».
Il Superbonus era nato per migliorare la sostenibilità ambientale delle abitazioni. È un’esigenza che rimane?
«Assolutamente sì, l’esigenza di migliorare la sostenibilità ambientale delle abitazioni non solo rimane, ma è una priorità da perseguire con una pluralità di strumenti, oltre che un obbligo normativo vincolante a livello europeo che va ben oltre la portata del solo Superbonus. La spinta per l’efficientamento energetico degli edifici è oggi dettata dalla Direttiva Europea ‘Case Green’ (EPBD - Energy Performance of Buildings Directive), che impone obiettivi di riqualificazione a tutti gli Stati membri, Italia inclusa, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. L’Italia ha un patrimonio edilizio molto datato ed estremamente energivoro, e oltre il 50% degli immobili residenziali (circa 18,5 milioni di abitazioni) si trova nelle classi energetiche più basse, F o G. Riqualificare questo parco immobiliare è indispensabile per ridurre le emissioni e la dipendenza energetica. Il Superbonus è stato un singolo importante strumento (ormai nella sua fase finale) per iniziare il processo di riqualificazione energetica, ma l’esigenza oggi è quella di avere misure di natura strutturale, certe e durature nel tempo, eventualmente combinabili tra loro».
Il giudizio su questo provvedimento di ANCE Emilia Area Centro?
« La premessa è che dobbiamo distinguere tra Superbonus e Bonus facciate. Mentre il primo è nato con i necessari controlli e garanzie, e quindi non vi sono state sostanzialmente frodi, il secondo è nato con insita la possibilità di frodi colossali ai danni dello Stato e quindi di tutti i cittadini. Quindi, mentre il giudizio sul bonus facciate è assolutamente negativo, quello di ANCE sul Superbonus è sostanzialmente positivo per gli effetti diretti sull’economia e sulla riqualificazione energetica e sismica degli edifici, pur con la criticità delle costanti modifiche normative e, soprattutto, per il blocco della cessione dei crediti. Il Superbonus è stato un driver fondamentale per la ripresa economica post-pandemica che ha generato un enorme effetto moltiplicatore degli investimenti, trainando il PIL del nostro paese in modo significativo nella rinascita post Covid e generando nuova occupazione. La misura ha avuto un impatto positivo sulla transizione ecologica e sulla sicurezza, prevedendo l’obbligo di un miglioramento di almeno due classi energetiche per gli immobili. Nonostante i benefici, la nostra associazione ha espresso, nel corso degli anni, allarmi e critiche severe, concentrate principalmente sulla gestione politica e finanziaria della misura, continue modifiche normative, spesso con effetti retroattivi, che hanno creato incertezza, bloccato cantieri già avviati e penalizzato le imprese che avevano agito in buona fede secondo la legge in vigore. Certamente la misura avrebbe dovuto avere un orizzonte temporale più lungo e costante per ridurre gli effetti speculativi e consentire alle imprese qualificate la necessaria programmazione e, dall’altra parte, focalizzare gli interventi sui fabbricati più energivori e di maggiori dimensioni, magari modulando le detrazioni per favorire le classi sociali meno abbienti».
