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Guido Crosetto predica calma: «A Gaza solo speranza di pace, aspettiamo»

di Maria Vittoria Scaglioni

	Guido Crosetto con Angelo Argento, presidente di Cutura Italiae (Foto di Manuela Parodi Magaglio - Ninetynine)
Guido Crosetto con Angelo Argento, presidente di Cutura Italiae (Foto di Manuela Parodi Magaglio - Ninetynine)

Il ministro della Difesa a Modena in occasione dell’evento S.E.M.I ha parlato della quesitone palestinese: «La questione umanitaria deve essere la priorità. Servirebbe un po’ più di italianità per superare le crisi che abbiamo davanti»

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MODENA. «Finalmente possiamo parlare di speranza. Una speranza di pace». Così ha esordito il ministro della difesa Guido Crosetto questa mattina, 11 ottobre, prima delle due giornate di S.E.M.I., dedicate a dialoghi, incontri e premi tra tecnologia, attualità e cultura. Parlando della tregua e dell’accordo raggiunto per la pace in Palestina, il ministro Crosetto non si dice però ancora pronto a tirare un sospiro di sollievo né a credere in un facile lieto fine.

«Ferite profonde tra i due popoli»

«Da 30 anni c'è una missione in Kosovo e i rapporti tra Serbia e Kosovo non sono affatto risolti. Dunque immaginate quanto tempo ci vorrà per rimarginare le ferite, ancora più profonde, tra questi due popoli. Non ci sono soluzioni immediate, anzi ci aspettano cambiamenti culturali che dureranno anni. Intanto, nell’immediato, c'è la questione umanitaria: è necessaria quanto prima la riapertura di Rafah, che è come riaprire un’arteria; solo così infatti il sangue riprenderà a circolare». È un momento delicato. Presto inizierà il rilascio di ostaggi e prigionieri. «Il seme della pace va coltivato, non crescerà da solo. E chiudere la ferita in Medio Oriente può aiutarci a chiuderne anche altre, come quella in Ucraina. Tendiamo a occuparci solo dei conflitti che toccano da vicino le nostre vite o dominano i media, dimenticando quelli, come in Africa, che pure finiranno per avere ripercussioni sul nostro futuro».

«Serve più italianità»

In questo l’Italia non è silente, né inutile. Se partecipa ai trattati e ai tavoli di pace internazionali c’è una ragione: «Siamo dei mediatori, anche se non ce ne rendiamo conto. Mentre l’immagine di un militare con il fucile in mano nel resto del mondo evoca l’idea di violenza e repressione, da noi significa aiuto e protezione. Le nostre forze armate si recano nei contesti di guerra e, a differenza degli altri paesi, porgono la mano. Questo sconvolge gli altri eserciti, ma è anche la ragione per cui l'Italia viene sempre richiesta nelle missioni internazionali. Il comportamento culturale del nostro popolo è differente e va speso nel mondo. Ci vuole un poco più di italianità diffusa per superare le crisi che abbiamo davanti». Il ministro Crosetto in passato disse che l’Italia per vent’anni non aveva investito nella difesa e che, se venisse attaccata, non sarebbe in grado di difendersi.

«Nessuno ha investito in difesa»

 «Se si escludono Francia e Gran Bretagna nessun paese europeo ha investito nella difesa. Ci sentivamo troppo sicuri. Nei prossimi anni però ci sarà uno scontro per la leadership mondiale tra Cina e Stati Uniti. I contendenti sanno che nel 2100 l’Africa avrà 3 miliardi di persone con una media di età sotto i 18 anni, mentre l'Europa avrà il 40% di abitanti in meno con età media sopra i 50. Quando il mondo si dividerà in due nessuno investirà su di noi a meno che l’Europa non abbatta muri e barriere, perché gli stati nazionali, da soli, non ce la faranno mai. Lo dico da persona che ha sempre sostenuto l’importanza delle identità nazionali, senza le quali, io credo, si rischia di perdere se stessi. Ma dobbiamo anche vivere nel mondo di oggi ed evitare lo scontro tra le due potenze, che sarebbe fatale». La Nato deve cambiare pelle e diventare più grande, perché è vero che, quando è nata, l'Europa e gli Stati Uniti erano tutto il mondo, ma ora c’è anche il resto.

«L’Europa punti al federalismo»

Noi invece dobbiamo puntare al federalismo: «L’Europa è vecchia, grassa e debole. Senza materie prime e con una natalità in calo, continua però a pretendere un tenore di vita elevato. Guarda ai paesi emergenti con la stessa superiorità con cui gli aristocratici francesi osservavano la borghesia nel ‘700, ma se continuerà a offrire “brioche” al posto del pane, rischia di fare la stessa fine».