Il Modena, il drammatico incidente e il ritorno in campo: ora Ferrari riabbraccia la sua Audax
Il giovane classe 2003 giocava nella Primavera gialloblù, poi la notte del 20 febbraio di tre anni fa l’episodio che ha cambiato il corso delle cose: nove costole rotte, un trauma cranico, settimane di coma. Domenica l’esordio con la maglia della squadra di Casinalbo, dove tutto era iniziato
FORMIGINE. Ha sognato di tornare in campo ogni notte. Con la testa piena di ricordi, le gambe ferme ma la mente già a rincorrere un pallone. Samuele Ferrari, classe 2003, aveva tutto davanti: la maglia del Modena, la fascia da capitano della Primavera, le convocazioni che contano, le partite della domenica che sanno di futuro.
L’incidente
Poi, la notte del 20 febbraio 2022, l’incidente. Uno di quelli che cambiano il corso delle cose. Nove costole rotte, un trauma cranico, settimane di coma. E il buio. Alcuni giorni dopo, mentre il Modena batteva 2-1 il Teramo, in campo capitan Pergreffi e Azzi dedicavano la vittoria a lui, “a Samu”. Perché tutti sapevano. Perché tutti aspettavano. Da allora è cominciata un’altra partita, più lunga, più dura. Quella per la vita. «Dopo l’incidente, i dottori avevano detto che non sapevano nemmeno se sarei tornato vivo. Ero a rischio, il calcio non era più la priorità. Ma io non volevo limiti. Non volevo pensare a cosa non potevo fare. Volevo solo tornare. Tornare a giocare», ci dice Samuele.
La carriera
E lo fa con una voce ferma, che si accende a poco a poco. Si ferma. E riprende a raccontare dall’inizio: «Ho iniziato a giocare all’Audax di Casinalbo a cinque anni. Poi la Reggiana, un anno lì. Dopo alla Virtus Entella, in convitto, lontano da casa. Poi Modena, dal 2019 al 2022. Tutto era perfetto… fino a quella notte, fino all’incidente». Dopo mesi di riabilitazione, la vita ha ricominciato a scorrere piano.
Il ritorno a casa
«Sono tornato nel 2023 a Maranello – spiega –. Poi, quest’anno, la decisione più bella: tornare all’Audax». Lì, dove “giocare in casa” non è solo un modo di dire. Ma la realtà. E ce lo racconta con «tanta emozione», perché «parliamo della squadra che mi ha visto crescere, e che ora mi ha visto rinascere. Sapere che a guardarmi ci sono i miei genitori, la gente a me cara. Tutti lì, per me. È un altro sapore».
La partita
E domenica scorsa, 19 ottobre, al minuto 84, è successo. Il cambio, il tabellone che si illumina, lui che esce e dà il cambio dopo una prestazione da padrone del centrocampo. Lo stadio, piccolo ma pieno, se ne è accorto. Sul campo la partita era già chiusa, 4 a 1 contro la Spezzanese. Ma quella scena, quel ragazzo che cammina verso la panchina, valeva più di ogni gol. Era la vittoria più grande. La sua. E quando le mani si sono alzate, quando il rumore si è fatto mare, dalle tribune si è alzato quel coro, che dice tutto. Una parola, quattro lettere soltanto, piene di vita, di calcio e di cuore. “Samu… Samu… Samu”, dicevano, urlavano. E ancora, dagli spalti: “Samu… Samu… Samu”.