L’infermiera da record va in pensione: 40 anni all’ospedale di Pavullo
Carmen Rossi è sempre stata un punto di riferimento in sala operatoria: «Ai giovani dico di fare questa professione, che riempie la vita. Io ne gioisco ancora». Il direttore del distretto Ausl, Massimo Brunetti: «Un esempio»
PAVULLO. Ha lavorato per quarant’anni ininterrottamente all’ospedale di Pavullo svolgendo la professione che amava, l’infermiera, in ruoli sempre più importanti, e delicati, fino a diventare coordinatrice del blocco operatorio, della centrale di sterilizzazione e dell’endoscopia. Dal 1° ottobre Carmen Rossi, pavullese doc, ha dovuto lasciare per la pensione. Ma il suo amore per la professione, e per il suo ospedale, continua con un appello ai giovani: «Se sentire il desiderio di diventare infermieri, fatelo e avrete tante soddisfazioni. Soprattutto in un ospedale a misura d’uomo come Pavullo». «Carmen è un esempio per i giovani che guardano al futuro – sottolinea Massimo Brunetti, direttore del Distretto sanitario di Pavullo dell’Ausl di Modena – e noi non possiamo che ringraziarla per il grande contributo professionale e umano che in questi anni ha saputo trasmettere a tutta la comunità del Frignano». Ma vediamola, questa storia.
Carmen, com’è iniziata?
«Mi sono diplomata nel 1985, e ho sempre lavorato in montagna. Per i primi due anni a Gaiato e Fanano, poi all’ospedale di Pavullo, dove sono rimasta sempre. Da 1990 nel blocco operatorio, prima da infermiera strumentista e poi dal 2005 come coordinatrice».
Trentacinque anni in sala operatoria, sono da record…
«Già da allieva mi è subito piaciuta tantissimo l’attività in sala operatoria. E ho deciso di dedicarvi la mia vita, fino a diventare coordinatrice dell’attività dopo aver frequentato un master».
Perché lavorare in sala operatoria è così speciale?
«Sono tante le ragioni. Essenzialmente, perché sei all’interno di un momento decisivo della parte assistenziale. Di solito si pensa all’infermiere solo come a quello che somministra una terapia, o fa delle medicazioni. In sala operatoria è molto di più. Quando passi gli strumenti al chirurgo, sei nel cuore dell’assistenza. Quando monitori tutti i passaggi dell’operazione e riesci ad anticipare lo strumento giusto al momento giusto, la soddisfazione è grande. Per me è sempre stato molto gratificante: ti senti parte di qualcosa di veramente importante, e questo ti riempie la vita. Io sono sempre venuta al lavoro felice, perché sapevo di fare una cosa che mi dava soddisfazione».
Questo è ancor più vero in un piccolo ospedale…
«Assolutamente, e a Pavullo in particolare, che è un ospedale piccolo ma al servizio di un territorio molto grande. Tra colleghi ci si conosce tutti, sono quasi come una grande famiglia. E anche con i pazienti si crea un rapporto speciale».
Ma si fa ancora un’attività chirurgica importante a Pavullo?
«Assolutamente sì, e questo grazie alle due nuove sale operatorie all’avanguardia. Io tra l’altro ho coordinato, tra il 2018 e il 2020, tutta l’attività per fare in modo che la chirurgia a Pavullo non si interrompesse durante la costruzione. Oggi in queste sale si fanno tante attività specialistiche. E sono il perno di un’ortopedia all’avanguardia, anche nella protesica e nella traumatologia: a Pavullo si fa eccome la chirurgia d’urgenza, e lasciatemelo dire, di alto livello. È per questo che, nel lasciare, dico ai giovani: se vi sentite portati a fare l’infermiere, qui potete trovare un ambiente di lavoro bello e stimolante. Per me è stato così per quarant’anni: non ho mai pensato di cambiare. Sono arrivata alla pensione e sento ancora entusiasmo per questa professione».
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