Omicidi di ’ndrangheta, 18 anni al carpigiano Antonio Lerose
Condannato per i fatti del 1992 a Reggio Emilia e Brescello, in cui morirono Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero. Nell’Appello-bis anche tre ergastoli per il boss Nicolino Grande Aracri, Antonio Ciampà e Angelo Greco
BOLOGNA. Si è concluso con tre ergastoli e una condanna a 18 anni il processo di appello bis “Aemilia 92”. Il procedimento riguarda gli omicidi di ’ndrangheta di Nicola Vasapollo a Reggio Emilia e di Giuseppe Ruggiero a Brescello, commessi tra il settembre e l’ottobre 1992.
La sentenza
La Corte d’Assise d’Appello di Bologna, nella tarda mattinata di ieri (mercoledì 22 ottobre), ha condannato all’ergastolo il boss Nicolino Grande Aracri, Antonio Ciampà e Angelo Greco, mentre ad Antonio Lerose di Carpi è stata inflitta una pena di 18 anni di condanna con attenuanti generiche giudicate prevalenti sulle aggravanti. È stata stabilita anche una provvisionale di 20mila euro per il Comune di Brescello e di 10mila per Libera che si erano costituiti parti civili. Inoltre, è prevista la rifusione delle spese legali di tutti i gradi di giudizio. Le motivazioni saranno disponibili in 90 giorni.
Gli omicidi
Gli scontri tra cosche rivali Vasapollo-Ruggiero e Dragone-Grande Aracri-Ciampà, sfociarono negli omicidi. Vasapollo e Ruggiero furono uccisi nelle loro abitazioni, dove stavano scontando i domiciliari. Vasapollo aveva 33 anni quando venne ucciso il 21 settembre 1992 a Pieve, mentre Ruggiero ne aveva 35, quando il 22 ottobre dello stesso anno, a Brescello, fu assassinato da un commando che indossava la divisa dei carabinieri e arrivò sul luogo del delitto su un’auto che simulava quella di una pattuglia.
L’iter giudiziario
Il sostituto procuratore generale Silvia Marzocchi e il pm della Dda Beatrice Ronchi avevano chiesto l’ergastolo per tutti gli imputati. Il nuovo processo d’appello era iniziato a gennaio. A carico di Grande Aracri c’era la condanna all’ergastolo per il delitto di Brescello, ora è accusato di essere coinvolto nell’omicidio di Pieve. Cinque anni fa, in primo grado, vennero tutti assolti, a eccezione dell’ergastolo inflitto a Grande Aracri per l’omicidio Ruggiero. In seguito la Dda e la difesa di Grande Aracri impugnarono la sentenza. In appello i quattro imputati furono condannati all’ergastolo. La Cassazione stabilì che si dovesse celebrare un nuovo processo di secondo grado per chi vide annullata la condanna. E ieri l’appello bis si è concluso.
Le ramificazioni
Per colpire i killer avevano creato ramificazioni su un territorio più esteso di Reggio Emilia e alloggiavano tra Carpi e Modena. A Modena in un appartamento in strada San Faustino. A Carpi, un appartamento con ufficio in via Ugo da Carpi, venne ritenuto il nascondiglio dei killer per entrambi i delitti. Il titolare della società proprietaria dell’alloggio aveva riferito ai giudici di aver ricevuto da Raffaele Dragone la richiesta d’usufruirne.
L’avvocato di Libera
L’avvocato di Libera, Vincenza Rando, spiega che si tratta di «una sentenza importante, frutto di un lavoro profondo e rigoroso svolto da forze dell’ordine e magistratura, che ha dato a noi cittadini e al territorio una verità. Una verità di come la’ndrangheta si era insediata sul territorio e commetteva anche reati gravi, forse perché c’era una sottovalutazione, una non capacità di lettura. Questo è importante perché fa sì che si possa scrivere un pezzo di verità e questo è sempre importante per la qualità della democrazia di questo Paese – conclude Rando –. Il territorio ha così capacità di leggere quanto successo e quanto impegno ciascuno di noi deve esercitare affinché le mafie non trovino ingresso e non trovino collusione e connivenza con chi la democrazia la difende».
