Gazzetta di Modena

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Emozioni sul palco

Invivavoce, i giovani raccontano i giovani e “sfidano” l’ansia con parole e danza

di Ginevramaria Bianchi
Invivavoce, i giovani raccontano i giovani e “sfidano” l’ansia con parole e danza

Teatro Michelangelo esaurito per la replica dello spettacolo ideato da Gazzetta di Modena e Csi dedicato ai ragazzi

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Sono stati i giovani, ancora una volta, a raccontare i giovani. Con la loro voce, i loro silenzi, i loro tremori. E lo hanno fatto ieri sera, al teatro Michelangelo, con lo spettacolo “Invivavoce - Echi d’ansia del nostro tempo”, ideato da Gazzetta di Modena e Csi. Si sono raccontati con le parole, col corpo, con la musica, con la recitazione; e hanno portato in scena l’inquietudine più diffusa e intima: l’ansia. Una confessione collettiva, che ha trasformato la fragilità in parola, la paura in gesto, il disagio in linguaggio teatrale. E forse, anche per questo, la replica è stata un grande successo.

Lo show
Lo spettacolo, promosso dal Comune all’interno della tregiorni “Modena fa scuola”, dedicata quest’anno al tema “Il coraggio delle emozioni”, ha offerto al pubblico una riflessione condivisa e coraggiosa. Perché l’ansia non è solo un malessere individuale, ma un sintomo del tempo che viviamo: attraversa le aule scolastiche, le famiglie, le amicizie, e spesso diventa la compagna invisibile delle giornate dei più giovani e non. Da questa urgenza è nato “Invivavoce”, un progetto corale, perché costruito insieme a un gruppo di ragazzi, educatori, psicologi, scuole di danza del territorio, come Backstage Formigine, Talentho, LaCapriola Modena, Ars Movendi e Tersicore; ma anche artisti come le Opposite, Cecilia Preste, Gus Savino. Guardando indietro, quello che è stato portato sul palco ieri non è altro che il risultato di un percorso iniziato due anni fa, che ha già dato vita a due edizioni e sei repliche, quattro delle quali pensate esclusivamente per gli studenti. Dopo aver affrontato nel 2024 il tema della violenza di genere, il gruppo è tornato con un nuovo racconto che mette al centro l’ansia: non come patologia, ma come segnale, come modo per dare forma all’emotività di un’epoca che corre troppo in fretta. Sul palco del Michelangelo, le parole si sono intrecciate con la danza, la musica e le testimonianze reali, sentite. Giovani interpreti hanno portato in scena frammenti di vita, esperienze personali, paure e desideri, costruendo un mosaico di voci che ha parlato a tutti. Nessuna morale, nessuna ricetta: solo la verità di chi prova a raccontare ciò che sente, anche quando fa paura.

Dialogo e condivisione

Così, “Invivavoce” ha dimostrato che il teatro può essere uno spazio di cura e di comunità. Perché ogni parola è nata da un dialogo, da un momento di condivisione, da una domanda che precede la scrittura. Ed è in questa dimensione collettiva che il progetto trova la sua forza: nell’ascolto reciproco, nel riconoscersi attraverso l’altro. Nell’essere. Anche per questo, il pubblico non è rimasto spettatore passivo, ma parte viva del racconto. In platea, infatti, molti si sono ritrovati in quelle storie, scoprendo che l’ansia dei giovani non è poi così diversa da quella degli adulti. La scena si è così trasformata in specchio. Dentro le parole dei ragazzi si sono riflesse le inquietudini di tutti, restituendo dignità alle emozioni, e rompendo il muro del non detto. Perché “Invivavoce” non è solo uno spettacolo: è un gesto di coraggio, un invito a nominare ciò che si nasconde, a non vergognarsi della propria sensibilità. Sì, è un atto di libertà collettiva.