Gazzetta di Modena

Modena

Il caso

Le negano la cittadinanza perché nel 2009 aveva preso ciliegie da un albero: fa ricorso al Tar e vince

di Stefania Piscitello

	Cittadinanza negata per... le ciliegie
Cittadinanza negata per... le ciliegie

Il Ministero aveva rigettato la richiesta per quel vecchio procedimento in cui erano stati coinvolti anche marito e figlio. Ma ora la domanda dovrà essere riesaminata

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MODENA. Una vecchia storia di ciliegie raccolte da un albero sbagliato torna a Modena dopo quindici anni, questa volta nei registri del Tar del Lazio, che accoglie il ricorso di una donna a cui il Ministero dell’Interno aveva negato la cittadinanza italiana. La domanda dovrà essere riesaminata.

Cosa era successo

Tutto parte nel 2009, quando la donna, insieme al marito e al figlio, viene accusata di furto aggravato per aver preso ciliegie da un albero che si trovava in un terreno privato, accanto alla strada. Il tribunale di Modena la condanna per furto ma la assolve dalle lesioni personali, imputazione per cui invece i familiari vengono ritenuti colpevoli. In appello, la Corte di Bologna dichiara il reato prescritto.

La richiesta rigettata e il ricorso

Anni dopo, quando la donna presenta la domanda di cittadinanza italiana, il Ministero considera quel vecchio procedimento un ostacolo e respinge la richiesta. Il decreto di diniego porta la firma del Ministro e cita espressamente la condanna modenese come motivo di esclusione. La donna, assistita da un avvocato, impugna il provvedimento davanti al Tar Lazio. Nella memoria difensiva sottolinea che i suoi familiari, coinvolti nella stessa vicenda e con condanne più gravi, hanno invece ottenuto la cittadinanza. Il Tar le dà ragione. Nella sentenza, i giudici scrivono che il Ministero non ha fornito chiarimenti sufficienti per spiegare la differenza di trattamento.

La decisione del Tar

«Non è stato possibile chiarire – si legge – la ragione per cui il coniuge e il figlio della richiedente, pur versando in una situazione analoga o più delicata, hanno visto accogliere la propria domanda di cittadinanza». L’Amministrazione aveva sostenuto che i decreti concessi ai familiari fossero successivi e quindi irrilevanti, ma il Tar ritiene che questo non basti a giustificare la disparità. L’istruttoria è considerata insufficiente e la motivazione del diniego «non adeguatamente supportata dai fatti». Con la decisione, il tribunale annulla il provvedimento e condanna il Ministero al pagamento di 1.500 euro di spese legali. La pratica dovrà essere riesaminata.