Udi si oppone alle bambole iperrealistiche: «La sessualità non è sopraffazione»
La presidente Ballista boccia l’apertura di Sintwin in via Crispi 23
MODENA. In città si discute, e parecchio, dopo l’annuncio dell’apertura di Sintwin, la start up che il 22 novembre inaugurerà in viale Francesco Crispi 23 il primo showroom di bambole iperrealistiche di somiglianza umana, tra dj set, rinfresco e dichiarazioni d’intenti etici e sociali.
«Le donne non sono oggetto di piacere»
L’idea, presentata come «un progetto di inclusione e di diritto alla sessualità», ha sollevato più di una perplessità, e non convince soprattutto una parte importante del mondo femminile. A intervenire con parole chiare è Serena Ballista, presidente dell’Unione Donne in Italia di Modena (Udi), che non usa mezzi termini per esprimere la posizione dell’associazione: «Cosa penso? – ci dice – Penso che siccome oggi, grazie a un aumento di consapevolezza riguardo i diritti delle donne, non si possa più perorare in modo disinvolto la causa del dar sfogo alle proprie pulsioni sessuali sulle donne, il mercato si inventi una narrazione più politicamente corretta, accettabile, ma della stessa cosa».
Prosegue: «Mi si dirà "ma sono bambole e non donne vere". Certo! Ma tutto fa cultura. E un negozio di questo tipo non fa che alimentare l'idea che le donne siano un oggetto del piacere, di cui disporre, merce in vendita, appunto. Ecco – aggiunge – direi che non se ne sentiva il bisogno, dato che sono decenni che sosteniamo che femminicidio e discriminazioni originano da una concezione del femminile svilente e di subalternità».
«Il sesso non è peccato, ma relazione alla pari»
E smentisce anche il messaggio che l’ideatore del progetto, Ivan Taddei, aveva cercato di mandare: «È inutile che parlino di "valore sociale" del prodotto o di prodotto "etico", e addirittura di oggetto che consentirebbe la "prevenzione degli abusi", perché è esattamente il contrario. E vorrei chiarirlo con molta forza. Inoltre – continua – davvero crediamo che far provare piacere sessuale usando una donna di silicone sia un modo di sostenere la necessità umana di relazione e di contatto emotivo? Si tratta di robot programmati per dire sempre di sì: un modo davvero discutibile per superare tutta la questione del consenso». «Riguardo al nome della bambola "Sintwin", cioè "gemella del peccato", poi, voglio dire che il sesso non è peccato, a proposito del tanto sbandierato superamento dei tabù; ma è, invece, relazione, alla pari».
Di cosa si tratta, quindi? «Di un'operazione di marketing davvero mistificatoria – ci risponde Ballista – che deve coprire le proprie vere intenzioni: vendere e guadagnare, cosa lecita, un po' meno se a spese delle lotte delle donne contro la loro rappresentazione costantemente ipersessualizzata».
«Esisteranno anche al maschile?»
«Infine, una curiosità – chiede Ballista – di queste bambole esistono anche le versioni al maschile? Oppure le donne il "peccato" non se lo possono permettere? E anche se avessero disponibili in negozio i “gemelli del peccato”, vorrei proprio sapere i numeri degli acquisti effettuati da donne. Per dire – commenta – che questa faccenda ha a che fare con un modo maschile irrisolto di vivere la sessualità in termini di sopraffazione. Che sia su una donna o una bambola, il problema dell'immaginario maschile patriarcale resta e, come vediamo ogni giorno, fa danni irreparabili – conclude – sistematicamente e ovunque».
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