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Studentessa rinuncia alla gita: «Il mio ragazzo non mi può geolocalizzare»

di Vincenzo Brancatisano
Studentessa rinuncia alla gita: «Il mio ragazzo non mi può geolocalizzare»

Testimonianze di bullismo, violenza di genere e femminicidi alla sala Loria di Carpi nell’incontro organizzato dalla Croce Blu: alcune sconcertanti

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CARPI. Un’adolescente confessa di non poter andare in gita scolastica perché il suo ragazzo non vuole. Motivo? Teme di non poterla geolocalizzare con lo smartphone.

«Però – assicura lei – lui mi ama». È una delle tante sconcertanti testimonianze raccontate domenica 16 novembre di mattina a Carpi in un incontro dedicato ai fenomeni del bullismo, della violenza di genere e dei femminicidi. Il convegno promosso dalla Croce Blu presso la Sala Multimediale Loria, cui hanno preso parte, Amanda Ferrario, dirigente scolastica dell’Istituto Tosi di Busto Arsizio, Davide Gori, psicologo e psicoterapeuta, Barbara Mapelli del Comitato Scientifico della Fondazione Cecchettin e Diego Cellamare, del Movimento Nazionale Antibullismo “Ma Basta”. L’incontro è stato moderato dal giornalista Ruggero Po, giornalista di Rai, Start Magazine, Ristretto Italiano.

«Oggi il bullismo è diverso»

«Il bullismo c’è sempre stato, si dice, e io stesso, come tanti coetanei, ho avuto i miei piccoli bulli da ragazzino», esordisce Ruggero Po. «Ma oggi è diverso. Un tempo la sottomissione c’era e noi potevamo tenercela per noi».

Mentre oggi, nell’epoca dei video e dei social «lo sanno subito tutti, i bulli ti mettono in rete, dunque lo sanno genitori, tutti sanno che sei uno sfigato». Risulta che 7 ragazzi su 10 hanno avuto episodi di bullismo oppure sono stati spettatori di episodi di bullismo, spiega Ruggero Po nel dare la parola agli intervenuti stimolando testimonianze dolorose tra i presenti e consigli utili a tutti dagli esperti presenti: «Le ferite inflitte, lo scolaro se le porterà con sé per tutta la vita, sarà una persona insicura nella vita adulta e anche oltre. Ma che cosa si fa nelle scuole, gli insegnanti sono certamente preparati sulla propria materia, ma sono anche educatori che sanno leggere e capire questi fenomeni, hanno gli strumenti per muoversi?».

«I social sono un’emergenza»

La domanda è per Ferrario: «Il bullismo si perpetra soprattutto alle medie – spiega la dirigente scolastica – L’uso sconsiderato e non responsabile dei social in età precoce è una vera emergenza. Il bullismo non è così evidente e proprio per questo è difficile da scoprire, si verifica nei momenti non vigilati, negli spogliatoi, durante la pausa in mensa. Ragazzi e ragazzi tra i 10 e i 15 anni vivono intensamente il tema dell’identità, che li porta a misurarsi in continuazione e spesso questo li fa sentire inferiori. Sia il bullo sia il carnefice cercano un’affermazione, e questi ragazzini sono lasciati su certe piattaforme che sono dannose anche quando è attivato il parental control. Si pensi a Roblox, la recente piattaforma sulla quale i ragazzi si incontrano in maniera sincrona, ci sono sfide e fanno dei giochi che spesso sono pericolosi come non mangiare per giorni per infine sottoporsi a esercizi fisici con i quali spesso perdono i sensi, o mettendosi un cellophane intorno al collo per sfidare la morte».

Chi lo fa perché lo fa? «Perché viene istigato da chi è più forte di lui e si arriva anche all’istigazione al suicidio». Ruggero Po ricorda il toccante caso di Paolo, l’adolescente che alla vigilia del nuovo anno scolastico “ha preferito suicidarsi pur di non ricominciare la trafila del bullismo già vissuta. Tutti sapevano che era bullizzato, eppure…”. Eppure nessuno sapeva, ma ora sono in corso le ispezioni ministeriali, qualcosa si muove.

Come si può intervenire

Ma quali sono le strategie da mettere in campo? «Quando si denuncia si è già alla fine e questo vorrebbe dire che nessuno se n’era accorto ma ciò non è possibile», risponde Ferrario, che non ha parole morbide verso il corpo docente: «Purtroppo – aggiunge la preside – abbiamo un reclutamento complesso ma il dirigente ha un dovere verso i ragazzi che prima di essere studenti devono diventare dei cittadini. La formazione è importante, noi abbiamo due psicologhe scuola, una sull’adolescenza, l’altra sui disturbi alimentari e una pedagogista. Chi non è in linea viene allontanato».

«Lo psicologo parte sempre in salita – commenta lo psicoterapeuta Davide Gori – Ci si accorge della situazione quando i fatti sono già avvenuti e hanno già avuto il loro impatto. Io ho adulti di 50-60 anni che hanno avuto episodi delle medie e che non riescono ancora a narrare».

Tornando a scuola, Barbara Mapelli della Fondazione Cecchettin, lamenta in collegamento da remoto, che «a scuola si fanno cose affidate alla buona volontà». Tra il dire e il fare. «Non basta fare aula con degli esperti – ammette la preside Ferrario – Tempo fa una nostra alunna pakistana dopo un percorso fatto a scuola mi dice: ok, io ora mi sento libera, il mio corpo è solo mio. Ma sa una cosa? Quando torno a casa devo lavare e cucinare per i miei otto fratelli e so che dovrò sposare mio cugino: lei, preside, ora cosa fa per me? Questo mi ha inchiodata, ma poi abbiamo agito concretamente, abbiamo fatto una prevenzione reale. E quella ragazza oggi sta per laurearsi, lontana dalla famiglia».

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