Gazzetta di Modena

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Il femminicidio di Oletta Barone: «Mia sorella fu soffocata da suo marito. Lui libero dopo 12 anni, noi in un incubo»

di Manuel Marinelli
Consiglio Comunale contro la violenza di genere proiezione del film di Zarzana e testimonianza di un fratello di una vittima
Consiglio Comunale contro la violenza di genere proiezione del film di Zarzana e testimonianza di un fratello di una vittima

Il fratello Delio ospite in Consiglio comunale per raccontare la tragedia avvenuta nel 2007: «I primi giorni non capivo se era successo davvero o se era tutto un film. Chi non ha mai vissuto una cosa del genere non può capire. L’iter giudiziario è stato un inferno»

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MODENA. Oletta Barone aveva 47 anni, era il 2007, quando suo marito la uccise soffocandola con il cuscino in casa. I vicini se ne accorsero perché lui, Richard Desmond Blackmore, originario di Londra, nel sbarazzarsi del cadavere lo fece cadere nella tromba delle scale del condominio di via Adua, dove vivevano, a Ferrara. La condanna? 18 anni e 9 mesi. Scesi a 15. Poi a 12 per buona condotta: Blackmore è uscito nel 2019. Una tragedia che ieri è tornata a vivere in Consiglio comunale a Modena grazie al fratello di Oletta, Delio, direttore d’orchestra, che durante la seduta dedicata alla Giornata contro la violenza sulle donne, ha raccontato tutto di quella ferita che ancora oggi sanguina, compreso un labirinto giudiziario costato energie, tempo e denaro. Tanto che ancora oggi Barone, quel nome, Blackmore, fa ancora fatica a pronunciarlo.

Una tragedia senza preavviso

«Il 2 marzo del 2007 mia sorella è stata uccisa di prima mattina, suo marito l’ha soffocata con un cuscino. La sera sarebbe dovuta venire a un mio concerto in un jazz club. Ma non si è presentata. Dal locale abbiamo chiamato il marito: ci disse che non sarebbe venuta perché non stava bene. Ci siamo insospettiti, abbiamo chiamato il 118 che ha inviato l’ambulanza a casa sua, in via Adua. Nel frattempo l’assassino stava cercando di liberarsi del corpo trascinandolo per le scale: voleva caricare Oletta in macchina e sbarazzarsene. Ma il cadavere gli scivolò». I vicini escono, chiedono cosa sia successo. Blackmore dice che la moglie è caduta e di non preoccuparsi. Ma l’arrivo dell’ambulanza toglie ogni dubbio: «Il medico ha capito subito che Oletta era morta ore prima. Una tragedia senza preavviso: nessuno si era mai accorto di nulla. Non avremmo mai potuto immaginare una cosa del genere». Ma l’incubo, per la famiglia di Oletta, è solo all’inizio.

L’assassino ha scontato 12 anni

«I primi giorni non capivo se era successo davvero o se era tutto un film. Chi non ha mai vissuto una cosa del genere non può capire. Poi è iniziato l’iter giudiziario. Ai tempi c’era ancora lo sconto di pena: lui, avendo confessato, fu condannato prima a 18 anni e 9 mesi, poi scesi a 15. Ma ne sconterà solo 12: dal 2019 è libero. Gli amici mi mandavano foto di lui in centro a Ferrara a fare aperitivo. Avrei potuto incontrarlo anche io. Erano passati solo 12 anni. Poi è tornato a Londra».

Ereditò la casa dove l’aveva uccisa

La vicenda giudiziaria ha richiesto uno «sforzo economico inimmaginabile. Ed è anche su questo che vorrei porre l’attenzione, perché non se ne parla. Io e la mia famiglia ci siamo fatti carico di tutte le spese. Il risarcimento? Mai avuto un euro. E se uno non può permettersi di pagare gli avvocati? Cosa fa?». Per non parlare della situazione paradossale per cui «l’assassino di mia sorella ereditò i suoi beni, venne designato come erede. Tanto che poco prima del funerale mia sorella si recò a casa di Oletta per prendere alcuni vestiti. Un carabiniere le disse: fai in fretta, ricordati che questa è diventata casa di lui. Ci sono voluti anni anche per togliere l’eredità all’assassino». «È stato un percorso infinito. Giravo per la strada e piangevo, sentivo come un qualcosa che esplodeva dentro. La battaglia legale ci ha stravolto. E allora mi son promesso di fare qualcosa per sensibilizzare le persone. Io sono convinto che la gente debba sapere queste cose, l’incubo è anche giudiziario» ha concluso tra gli applausi Delio Barone.

Durante la seduta del Consiglio è stato proiettato anche il cortometraggio dedicato al tema della violenza di genere “Conciliare stanca”, alla presenza dell’autore Francesco Zarzana, a cui sono seguiti gli interventi della psicologa Mara Fantinati e del procuratore del Tribunale per i minorenni di Bologna Giuseppe di Giorgio. Non sono mancate le parole del sindaco Massimo Mezzetti.

«Alla violenza fisica, dai femminicidi agli stupri, si affiancano altre forme che non dobbiamo mai sottovalutare e che non sono per forza alternative, a volte anche complementari: la violenza economica, quella verbale, quella psicologica, quella sui social ormai fuori controllo. Sono tutte tessere di un mosaico che va chiamato con il suo nome: patriarcato. A noi uomini piace poco dire questa parola, quasi le preferiamo maschilismo. Insomma meno impegnative del riconoscere quella stratificazione culturale, educativa, che nei secoli ha messo la donna in condizione di inferiorità e sottomissione all'uomo». 

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