Vanna, mamma del 24enne Giacomo Olivieri morto in un incidente: «Un anno a chi ha ucciso mio figlio? E’ poco»
Il ragazzo fu ucciso sulla tangenziale, dove si era fermato per prestare soccorso a un auto in che aveva investito un’istrice. La conducente ha patteggiato un anno con pena sospesa
FORMIGINE «Un anno di patteggiamento rispetto ad una vita intera mi sembra troppo poco». Queste sono le parole di Vanna Roncaglia, mamma di Giacomo Olivieri, il ragazzo di 24 anni che più di un anno fa ha perso la vita in un incidente stradale. Un incidente nato da un gesto di altruismo: Giacomo si era fermato per soccorrere un ragazzo che aveva investito un istrice, finendo contro il guardrail, quando venne travolto e ucciso da un’altra auto che non riuscì a evitarlo. Lunedì è arrivata la sentenza. La 36enne che il 2 giugno 2024, poco dopo l'una di notte, investì il 24enne sulla Modena-Sassuolo, ha patteggiato un anno, pena sospesa. Ad assisterla gli avvocati Peter Martinelli e Cosimo Zaccaria.
La madre: «Pena sproporzionata»
La madre del ragazzo si esprime: «Non si pretende una pena che segua la legge del taglione, e non è nemmeno ciò che si cerca, nessuna pena sarà sufficiente per rimediare a questo dolore, ma tutto sommato mi sembra sproporzionato con l’accaduto». La prossima settimana saranno trascorsi 18 mesi dall’incidente.
«Vorrei conoscere chi ha ucciso mio figlio»
«Non ho avuto modo di conoscere l’accusata – racconta la madre di Giacomo – Un motivo che avevo per andare in tribunale era anche che mi sarebbe piaciuto vederla. So che in ottobre per motivi di salute, e per altri motivi lunedì, non era presente. So anche che questo rientra tra i suoi diritti, e capisco la difficoltà della situazione. Vorrei però dare una forma ad un nome e cognome».
La madre racconta di aver conosciuto altre persone coinvolte nel tragico incidente, per esempio chi ha fatto il massaggio cardiaco a Giacomo, e il ragazzo che ha “provocato” l’incidente investendo l’istrice: tutto questo però per casi fortuiti. «Mi manca l’attore principale», prosegue la donna, ora che il caso in tribunale è chiuso. «Ammetto che questo silenzio peggiora il mio umore. In questi mesi, anche se in battaglia legale si devono dosare parole e conversazioni, penso che avrei apprezzato ricevere una parola».
