Dall’Italia i soldi ad Hamas, maxi operazione e nove arresti: uno a Sassuolo
Nove persone in manette e tre enti nel mirino: ricostruita una rete di finanziamento che coinvolgeva anche il territorio modenese
SASSUOLO. Un’operazione antiterrorismo di ampia portata ha scosso l’Italia (e anche Sassuolo) all’alba di sabato 27 dicembre, portando all’arresto di nove persone e al sequestro di tre associazioni ritenute parte di un articolato sistema di raccolta fondi destinati – secondo gli inquirenti – al sostegno dell’organizzazione terroristica Hamas. Uno degli arresti, infatti, è avvenuto proprio a Sassuolo, come comunicato dal sindaco del Comune Matteo Mesini. Il provvedimento cautelare è stato disposto dal Gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo, al termine di un’indagine che gli investigatori definiscono tra le più complesse degli ultimi anni.
Il sindaco di Sassuolo
Questo il commento del sindaco di Sassuolo, Matteo Mesini: «Voglio ringraziare Polizia di Stato e Guardia di Finanza coinvolte nell’operazione che ha preso il via da Genova questa mattina e ha portato all’arresto di nove persone nell’ambito di raccolte di fondi destinate a finanziare organizzazioni terroristiche. Uno degli arresti è stato effettuato a Sassuolo. Ringrazio le Forze dell’Ordine per il lavoro svolto non solo all’interno di questa operazione, ma per quanto fanno tutti i giorni per proteggere le nostre comunità. Ho chiamato la Prefetta Triolo e il vicequestore Pecoraro per complimentarmi con loro e ringraziarli del lavoro svolto all’interno dell’operazione. Al momento restiamo in attesa di conoscere i dettagli dell’operazione e capire se ci sono legami con il territorio modenese».
Segnalazioni sospette e cooperazione internazionale
L’inchiesta, coordinata dalla Dda genovese e avviata su impulso della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, è partita dall’analisi di movimenti finanziari anomali. Da lì si è sviluppata una rete investigativa che ha coinvolto altre procure italiane e autorità di diversi Paesi europei, in particolare dei Paesi Bassi, permettendo di ricostruire flussi di denaro e collegamenti tra soggetti attivi in Italia e all’estero. Secondo quanto emerso nella fase attuale delle indagini preliminari, gli indagati avrebbero utilizzato associazioni formalmente impegnate in attività umanitarie per convogliare fondi verso Hamas o verso strutture a essa collegate. Tra queste figurano l’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese (A.B.S.P.P.) e la sua articolazione ODV, entrambe con sede a Genova, oltre alla “Cupola d’Oro”, con base a Milano.
Il ruolo dei vertici e i fondi dirottati
Al centro dell’inchiesta c’è la figura di Hannoun Mohammad Mahmoud Ahmad – legale rappresentante di A.B.S.P.P. , indicato dagli investigatori come esponente del comparto estero di Hamas e punto di riferimento della presunta cellula italiana. Secondo gli accertamenti, una quota molto rilevante delle somme raccolte – oltre il 70% – sarebbe stata destinata non a progetti umanitari, ma al finanziamento diretto dell’organizzazione terroristica o di sue articolazioni. Il totale dei fondi movimentati dal 2001 a oggi supererebbe i 7,2 milioni di euro, con un incremento significativo dopo gli eventi del 7 ottobre 2023. Accuse analoghe riguardano altri membri della presunta rete, tra cui Dawoud Ra’Ed Hussny Mousa, Al Salahat Raed, Elasaly Yaser, Albustanji Riyad Abdelrahim Jaber e Osama Alisawi, quest’ultimo già ministro dei Trasporti del governo di fatto di Gaza e figura di spicco in diverse organizzazioni professionali palestinesi. Secondo la ricostruzione investigativa, avrebbero partecipato alla gestione delle associazioni e alla definizione delle strategie per proseguire l’attività di finanziamento.
Il concorso esterno e i flussi verso l’estero
Tre ulteriori indagati – Abu Rawwa Adel Ibrahim Salameh, Abu Deiah Khalil – legale rappresentante della Cupola d’Oro – e Abdu Saleh Mohammed Ismail – sono accusati di concorso esterno: pur non appartenendo formalmente all’organizzazione, avrebbero garantito un sostegno economico costante, anche tramite triangolazioni con enti esteri e bonifici diretti a esponenti di Hamas. Parte dei fondi, secondo gli inquirenti, sarebbe stata destinata al sostentamento di familiari di detenuti o di persone coinvolte in attentati. L’indagine ha permesso di delineare un quadro in cui Hamas risulterebbe dotata di una struttura estera ramificata, con cellule operative in vari Paesi europei incaricate di curare immagine, propaganda e soprattutto raccolta fondi.
