Quartieri: la mappa del disagio. Le zone peggiori il centro storico e San Cataldo
Nel cuore di Modena tanti anziani soli e senza una casa di proprietà
MODENA. Modena, città tutt’oggi tra le più ricche in Italia, è alle prese con episodi forti, documentati, di degrado sociale ed economico. A porre il sigillo dell’ufficialità a tale disagio arriva l’Istituto nazionale di statistica con un innovativo progetto. L’Istat, infatti, giorni fa ha reso disponibili i risultati di una ricerca volta a misurare appunto tale “febbre” sociale con un altissimo grado di capillarità, addirittura a livello sub-comunale (si tratta di “aggregazioni” dei quartieri cittadini) per 25 importanti comuni.
Modena e Carpi
Quelli emiliano-romagnoli sono quattro, di cui due della nostra provincia: Modena e Carpi, anche se per la città dei Pio i dati diffusi non sono al momento completi. La Gazzetta ha analizzato tali numeri, da cui si può dedurre ad esempio che la zona cittadina con il maggior numero di problemi è quella che aggrega centro storico e San Cataldo. Ma per comprendere il senso dell’ampia messe di numeri va detto cos’è esattamente questo disagio: gli autori della ricerca - Giancarlo Carbonetti, Andrea Cutillo, Elena Marchesich, Debora Tronu - lo definiscono la «condizione in cui gli individui sperimentano difficoltà a soddisfare adeguatamente le loro necessità di base a causa della carenza o insufficienza delle risorse e delle opportunità di tipo sociale, economico, lavorativo ed educativo». Tale indice percentuale (Idise) viene suddiviso in nove indicatori elementari legati a diversi misuratori, da chi ha più di 70 anni e vive solo senza casa di proprietà a famiglie a basso reddito, dalla percentuale di individui tra 25 e 64 anni con basso livello di istruzione a chi è precario.
Bassa istruzione e precariato
Partendo da Modena, va detto che è molto alto (25,9) l’indice riferito a persone che vivono in famiglie con bassa istruzione, così come preoccupano anche l’indice dei precari che lavorano meno del 20% del tempo-lavoro canonico o a quanti non studiano né lavorano (rispettivamente a quota 14,6 e 14,3). Per fortuna, è uno dei più alti tra i comuni analizzati dal progetto l’indice relativo al tasso di occupazione. Quanto detto sostanzialmente è sovrapponibile a Carpi, dove però sono in percentuale di più le famiglie a basso reddito (13,2 il valore) e non sono pochi (8,7%) neppure quanti abbandonano la scuola.
Le aree in cui si sta peggio
Tornando a Modena, in centro storico-San Cataldo, dove vivono circa 24mila persone, è più alta l’incidenza percentuale di ultra70enni soli e senza proprietà (11,7) quando la media cittadina è pari a 7,8 e le altre zone sono lì con solo San Faustino-Saliceta-Madonnina-Quattro Ville che si discosta con 6,9. Sempre in centro è maggiore rispetto al resto del territorio comunale (7,8% quando altrove in città sta tra 4,7 e 5,2%) il numero di famiglie senza redditi da lavoro e pensione, così come il numero di famiglie a basso reddito (16% a fronte di una media di 11,2 e aree come San Faustino “solo” a quota 9,7%). Insomma la zona centrale, che in questa suddivisione è meno popolata rispetto a San Faustino (52mila persone), Buon Pastore S.Agnese S. Damaso (60mila) e Crocetta Modena Est S. Lazzaro (48mila), risulta praticamente sempre quella che sta peggio. Vero che in centro ci sono anche i benestanti, ma non solo, e l’aggregazione con San Cataldo aggiunge problematiche. Lo dice anche l’indice relativo a chi ha un lavoro instabile: nell’area centrale e San Cataldo siamo al 17%, altrove al 14%. L’unico indice in cui tale zona cittadina è più bassa della media è quello che registra il basso livello di istruzione, qui a quota 22,9%, mentre alla Crocetta-Modena Est supera il 31% e la media cittadina è del 25,9%. Il tasso di occupazione invece dappertutto si attesta al buon 76-79%, mentre è più bassa in Buon Pastore e S.Agnese la percentuale di chi abbandona la scuola (5,5% e altrove arriva al 9,2%).
Il paragone con Bologna e Parma
Se prendiamo Modena e Carpi e gli altri due comuni regionali, Bologna e Parma, vediamo che ci sono similitudini e differenze. Ad esempio nella città metropolitana sono ben maggiori i numeri di chi non ha pensione o reddito o l’ha molto bassa, mentre è molto inferiore la percentuale di chi ha un basso livello di istruzione: a Bologna il 19,9% che sale a 24,4 a Parma, a 25,9 a Modena e addirittura a 32,8% a Carpi. La bassa intensità lavorativa invece è elevata a Modena rispetto alle altre città .l
