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Invivavoce, le parole degli insegnanti: «La scuola ha il compito di educare al rispetto»

Alberto Ferrari
Invivavoce, le parole degli insegnanti: «La scuola ha il compito di educare al rispetto»

Lo spettacolo è infatti anche il risultato finale di una serie di incontri e appuntamenti di approfondimento che i ragazzi delle scuole reggiane hanno svolto insieme a Nondasola

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Reggio Emilia L’atrio del teatro Ariosto ieri mattina era gremito, pieno di alunni e professori impazienti di assistere allo spettacolo “Invivavoce. Storie sommerse di violenza di genere”. La rappresentazione, realizzata grazie alla collaborazione tra la Gazzetta e l’associazione Nondasola, tratta il tema della violenza di genere, con strumenti e modalità inediti. «Questa mattinata, in cui gli attori sono i nostri giovani, è un momento di condivisione del quale abbiamo bisogno» spiega la professoressa di matematica dell’Istituto Nobili, Simona Caleri. I protagonisti sono infatti i ragazzi e le ragazze, le alunne e gli alunni delle scuole superiori di Reggio. Grazie alle loro voci e ai loro corpi hanno raccontato le loro esperienze e quelle dei loro compagni, rendendosi portavoce delle sofferenze e delle difficoltà di una generazione intera.
 



Lo spettacolo “Invivavoce” è infatti anche il risultato finale, la sintesi di una serie di incontri e appuntamenti di approfondimento che i ragazzi delle scuole reggiane hanno svolto insieme a Nondasola. La Gazzetta di Reggio ha organizzato l’evento, portando sul palco i ragazzi, la loro voce e la condivisione tra adulti e giovani generazioni. Solo attraverso uno scambio, interpretando il cambiamento e ribaltando le prospettive, è possibile combattere la piaga della violenza di genere. Aprire dibattito, utilizzando linguaggi nuovi, aperti e coinvolgenti, è l’ingrediente necessario a stimolare gli studenti verso la ricerca di soluzioni a questo problema endemico e culturale, di cui ogni giorno sentiamo ancora troppo parlare. I ragazzi però, possono esprimere le loro opinioni, condividere le loro esperienze solo se intorno a loro si aprono soglie, spazi liminali nei quali l’ascolto diventa ancora più importante dell’insegnamento. La scuola ha un ruolo determinante nel creare queste condizioni. La preside dell’Istituto Nobili, Elena Guidi, racconta: «Abbiamo avviato collaborazioni con le associazioni per portare questo tema a scuola. La questione violenza di genere è un argomento molto sentito dai ragazzi, che chiedono a gran voce una discussione corale. Progettualità e ascolto, anche personale, sono le prerogative indispensabili per affrontare il problema». Anche le aule allora devono diventare piccole appendici del teatro Ariosto, piccoli spazi sicuri nei quali il tema possa essere affrontato senza vergogna, perché parlare di violenza non è sintomo di debolezza, ma atto di profondo coraggio. Tre docenti dello Zanelli-Secchi testimoniano l’importanza della discussione durante le lezioni: «Affiancare all’educazione civica l’analisi della violenza di genere è un nostro compito – afferma Francesca Lopes, insegnante di inglese – Nutriamo alte aspettative verso questo spettacolo perché pensiamo possa essere una grande occasione di condivisione per gli studenti, che hanno bisogno di riflettere sull’argomento». Il docente di lettere dello Zanelli Marco Lombardi, sottolinea: «Questo tema attualissimo merita spazio e trasversalità. Io personalmente lo affronto anche nelle ore di italiano e storia, perché i ragazzi hanno bisogno di parlare e di essere ascoltati» La capacità degli insegnanti nel cogliere le esigenze degli alunni diventa quindi un punto di snodo, che può abbattere il muro della vergogna, permettendo così ai giovani di aprirsi e vincere la paura, non da soli, ma in viva voce. l © RIPRODUZIONE RISERVATA