Invivavoce: oltre 1.500 giovani allo spettacolo contro la violenza di genere
Grazie al progetto della Gazzetta di Reggio con Nondasola, in scena ragazzi e ragazze delle scuole: voci, corpi e racconti di storie sommerse
Reggio Emilia La violenza di genere è complessa, insidiosa. Noi donne, indipendentemente dalla generazione a cui apparteniamo, troppo spesso, confondiamo le sue forme più sottili per premura, attenzione, amore. Se dovessimo rappresentarla, la violenza di genere avrebbe senz’altro la forma di un iceberg. Al suo apice il femminicidio, dalla giornata di ieri nuovo reato a sé, punito con l’ergastolo. Sotto, le aggressioni fisiche, i lividi, le botte. Poi si scende al buio, nel sommerso. È proprio il corpo più profondo e oscuro dell’iceberg della violenza di genere l’argomento al centro dello spettacolo “Invivavoce. Storie sommerse di violenza di genere”, che ha debuttato nella giornata di ieri sul palcoscenico del Teatro Ariosto.
Un evento corale, risultato della ricchissima collaborazione tra la Gazzetta e l’associazione Nondasola, con il patrocinio del Comune di Reggio Emilia. Un’opera frutto di un lavoro condiviso che ci ha visti impegnati, insieme a tanti giovani, nella ricerca di un linguaggio artistico e umano capace di trasmettere con forza autentica l’importanza di un tema oggi più che mai attuale. Lo spettacolo, sul palco, ha visto esibirsi giovani uomini e giovani donne, molti dei quali alla loro prima esperienza teatrale: si sono messi in gioco, raccontandosi o assumendosi la responsabilità di dare voce a storie altrui con delicatezza e sensibilità. Lo hanno fatto, insieme, parlando a studenti e studentesse come loro. “Invivavoce”, prima della replica delle 20.30, nella mattinata di ieri è infatti andato in scena ben due volte, alle 9.30 e alle 11, soltanto per le scuole reggiane.
Sono stati oltre 1.500 i giovani coinvolti e raggiunti da un evento pensato e costruito proprio per loro. È stato quindi uno scambio tra pari, un dialogo pregnante di significato interno alla generazione zeta, che guardandosi allo specchio si è riconosciuta, nella sua forza e nella sua fragilità. Il sipario si è alzato su un palcoscenico al buio. Poi, a rompere il ghiaccio, le voci di due ragazze che raccontano di relazioni passate, di storie che si fanno chiamare “amore”, ma che parlano la lingua della violenza: che limitano, invece di liberare, che pretendono rinunce, scuse, vergogna, invece che dare sicurezza e far spiccare il volo. Sono due interviste estratte dal filmato “È successo una volta”, realizzato da VideoLab a dare il via allo spettacolo. Dietro le quinte, i ragazzi che sconfiggono la loro timidezza e si preparano a salire sul palco.
La luce si accende su Giovanni Pietri e sulla sua musica: con le mani tocca l’handpan e dà il ritmo ai primi tre giovani che, uno alla volta, introducono la platea nello spettacolo: «Invivavoce è una ragazza o un ragazzo che non hanno voce, è l’esigenza di dare un nome alle cose». Dalle parole si passa al ballo, con i passi eleganti delle studentesse della scuola di danza reggiana Eidos. Poi ai racconti, alla poesia. Uno a uno i ragazzi e le ragazze sfilano sul palcoscenico e prestano il loro corpo, la loro voce, l’intonazione e la commozione a storie sommerse di violenza di genere. Da dietro le quinte, per tre volte, i giovani di “Invivavoce” si esibiscono e ci fanno emozionare con la loro passione, le loro capacità, il loro impegno: noi, del resto, su questo non avevamo dubbi. Sul palco salgono, uno dopo l’altro, le studentesse e gli studenti del Nobili, il duo The Opposite, le ballerine di Eidos Danza, quelle di Arcadia, giovanissimi interpreti e giovanissime attrici, artisti e artiste per un giorno, che in tanti ricorderanno sempre. “Invivavoce” è novanta volti, novanta corpi, novanta menti, novanta persone, che insieme, con coraggio, hanno portato sotto la luce dei riflettori – letteralmente – un tema che ci attraversa tutti e in particolare, tutte. Lo hanno fatto grazie al lavoro sinergico e complesso che ha unito la Gazzetta di Reggio a Nondasola, attraverso il coordinamento artistico e logistico di Alice Benatti e Chiara Cabassa, diretti musicalmente da Gustavo Savino, seguiti un passo dopo l’altro dalla regia di Paola Ducci. “Invivavoce”, ieri, ci ha fatti riflettere, emozionare, dubitare, commuovere. Lo ha fatto con la forza delicata di chi muove i primi passi e azzarda, alza la voce e la testa guardando negli occhi il pubblico nonostante la paura. Forse è proprio questo il modo migliore per cambiare il nostro presente: su un palco, in un luogo di cultura, insieme, tenendosi per mano. l © RIPRODUZIONE RISERVATA
