Gazzetta di Modena

Reggio Emilia

«I problemi di Cadè: traffico, degrado diffuso e abbandono»

Ambra Prati
«I problemi di Cadè: traffico, degrado diffuso e abbandono»

Nella frazione di 1.800 abitanti si contano tanti stranieri e pochi servizi. «La nostra via Emilia bis è via Reggiolo: una strada bassa e pericolosa»

28 novembre 2022
5 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia «Oltre al traffico invivibile, i problemi di Cadè si chiamano degrado e abbandono. E una mancanza di servizi che, complice una popolazione stravolta dalla forte immigrazione, si traduce in assenza di socialità». Willer Marchetti, 65 anni, è attivo del comitato delle tre frazioni di Cella, Cadè e Gaida. Il nostro viaggio tra i bisogni dei residenti della via Emilia inizia da qui, dall’abitato situato nel mezzo di quella manciata di chilometri (per la precisione 3,7) che separa Cella da Gaida.

Un agglomerato incongruo di 1.800 abitanti che negli ultimi anni si è sviluppato in modo residenziale dietro alla chiesa, verso la zona stazione. «Peccato che la maggior parte dei servizi (farmacia, negozi, poste, dottori di base) si trovino dall’altra parte della via Emilia – spiega Marchetti –. E ci riteniamo fortunati perché all’incrocio principale, quello tra il bar Cadè e la chiesa, abbiamo ottenuto un semaforo a chiamata che almeno è sicuro: i nostri vicini di Cella lo chiedono da tempo, invano».

A proposito della chiesa, «le vibrazioni dei mezzi pesanti sono talmente forti che è stato necessario rinforzare il campanile, nonché alcuni abitazioni costruite nel dopoguerra che incombono sulla via Emilia, la cui stabilità è messa a dura prova dal traffico».

Sul fronte viabilità sono numerose le strade piene di buche e in cattivo stato. Imbocchiamo via Reggiolo fino in fondo: l’asfalto è un colabrodo, il dissesto generalizzato e quando si arriva alla curva stretta prima del cavalcavia incrociamo un camion. «Occorre fermarsi, perché due macchine non ci passano – prosegue Marchetti –. Pensi che questa carraia la chiamiamo (ironicamente) la nostra via Emilia bis: perché, collegandosi con Roncocesi, permette di bypassare la via Emilia e di sbucare alle porte di Reggio in un tempo ragionevole, senza rimanere bloccati nel traffico. Perciò, anche se è in condizioni pietose, via Reggiolo è usatissima dai residenti, che sanno di dover fare attenzione».

Tornando indietro si arriva alla stazione dei treni, abbandonata da anni e preda di erbacce e di rifiuti. «Doveva essere una metro di superficie: invece è deserta da quindici anni – racconta Marchetti –. E se si chiede a Trenitalia di ripensarci, ti buttano in faccia che c’è poca utenza, come a Codemondo. Capisco, per carità: ma se quella poca utenza la fiacchi, anziché incentivarla, resta solo l’auto».

Percorrendo i quartieri circostanti, le carreggiate sono da rally. «Dalla scuola fino al cimitero, molte strade non vengono rifatte da tempo immemore. Idem i marciapiedi, tutti dissestati – prosegue Marchetti –. Noi continuiamo a segnalare le buche al Comune, ma pare che la politica sia il fare manutenzione il meno possibile. Manca la cura dell’arredo urbano e qualsiasi progettualità». Addirittura, spiega Marchetti, «da anni nella zona dietro al bar, in via Castello, c’è un gruppo di case parzialmente scoperte dal sistema di divisione tra acque bianche e acque nere: una trentina di famiglie scarica direttamente nel canale di bonifica, a cielo aperto. D’estate si vede l’acqua sporca che esce. E nessuno che abbia mai pensato di realizzarle pian piano, un pezzo per volta: è così da cinquant’anni».

Lo spaccio avviene alla luce del sole. «Ci sono state diverse operazioni di polizia, sempre su nostra segnalazione: vicino all’ex campo da bocce ora chiuso, all’interno del parco del Naturone, nel parcheggio dietro al bar. Qui si spaccia in pieno giorno».

Coloro che si impegnano a favore della collettività spesso conoscono la frustrazione della burocrazia.

Daniela Fontanesi, 54 anni, cita la palestra. «La scuola è stata ampliata 12 anni fa per aggiungere al corpo una palestra nuova, di proprietà comunale, con determinate caratteristiche che ne consentissero un uso civico: come sala riunioni per le associazioni, che non hanno una sede, oltre che per lo sport di bambini e anziani. Perciò la palestra è stata progettata ad hoc, con misure particolari. Ebbene sono dieci anni che aspettiamo che venga aperta. Si è provato più volte ad affidarla alla Polisportiva Cadè: il risultato è stato sfiorato. L’ultima volta, un mese fa, mancava solo una firma. Peccato che il tecnico comunale abbia eccepito che la struttura, per essere affidata in gestione, deve passare dalla Fondazione dello Sport: e si è appurato che la Fondazione nemmeno sapeva dell’esistenza di questa palestra. Così si è bloccato tutto di nuovo. Una situazione paradossale. È un gran peccato: avevamo già trovato il personale necessario per i corsi ai più piccoli».

Non è l’unico esempio di volontà di miglioramento sprecata tra lacci, lacciuoli e cambi di amministrazioni. Marchetti mostra la piazza adiacente all’incrocio semaforico. «Sono state fatte assemblee su un progetto di rifacimento che riguardava la piazza: era molto bello. Ma non se n’è saputo più nulla. Forse giace in qualche cassetto. La piazza è rimasta così: poco più di uno spiazzo, maltenuto e con l’erba alta, vicino alla fermata dell’autobus preda delle intemperie. La banca Unicredit a fianco ha chiuso i battenti; c’è solo il bancomat».

Pochi sanno che la frazione condivide con Cella il primato della maggioranza di abitanti stranieri; il che significa un alto numero di bambini nella fascia 0-12 anni. «Eppure manca il pediatra. La dottoressa che c’era se n’è andata e non sarà sostituita perché non siamo distretto sanitario – prosegue Daniela Fontanesi –. Ho due figlie: da piccole per portarle a nuoto andavo a Sant’Ilario, per le lezioni di musica a Campegine, per lo sport e la casa della Salute a Montecchio. In teoria risiedo nel comune di Reggio, ma non usufruisco dei servizi del capoluogo. Così si trasforma un centro in un dormitorio».