Gazzetta di Modena

Scala: Chailly, 'Sostakovic è un sogno che inseguo dal 1972'

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Milano, 5 dic. - (Adnkronos) - "Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk" è "una partitura grandissima, di modernità assoluta. Che finalmente approdi all'Inaugurazione del 7 dicembre mi rende felice: accade nel cinquantenario della morte di Dmitrij Šostakovič e a sessant'anni dal debutto scaligero del'opera". Con queste parole il maestro Riccardo Chailly, direttore musicale del Teatro alla Scala, racconta al musicologo Raffaele Mellace, in un'intervista per "La Rivista del Teatro" la scelta del titolo che apre la Stagione 2025/26, un ritorno alla grande tradizione russa dopo "Boris Godunov" di Modest Petrovič Musorgskij e due inaugurazioni verdiane. Un percorso, spiega Chailly, che affonda le radici nel 1972, quando diciannovenne futuro direttore d'orchesìstra rimase folgorato dal "Naso" di Šostakovič: "Non sapevo nemmeno che quella partitura esistesse. La modernità mi stordì per giorni. Da quell’ascolto sono nati tutti i miei passi successivi verso Šostakovič». Una strada che ora approda a un titolo che il direttore considera «centrale nel repertorio del nostro secolo» e che sogna diventi popolare «come un giorno vorrei fosse Arcana di Edgard Varèse, fischiettata dal panettiere sulla motocicletta elettrica". Al centro dell'opera, per Chailly, sta la "tragedia satirica" che Šostakovič costruisce attraverso un uso sapiente del grottesco. "Il commento del prete, dopo l'avvelenamento di Boris, sembra Jacques Offenbach. E tutta la partitura è governata da questa dialettica". Al culmine, sottolinea, c'è la seconda romanza di Katerina Ismajlova del IV atto: "Una pagina di vuoto assoluto, che guarda dritto a Gustav Mahler. Tre strofe quasi salmodiate come nell'Abschied del Lied von der Erde. E subito dopo il grottesco ritorna imperioso nel duetto con Sonetka". Stupisce ancora oggi l'idea che Šostakovič avesse appena 24-26 anni quando scrisse l'opera. "Non so come abbia potuto concepire un'orchestrazione così. Perfetta, immodificabile, di un'economia esemplare", afferma Chailly, che richiama il "coraggio politonale" del compositore: "Tonalità sovrapposte, isole di apparente quiete che sono solo illusioni. Un’opera che non concede distensione". Per una guida alla modernità del titolo, Chailly indica il volume di Franco Pulcini del 1988, considerandolo ancora oggi "un testo mirabile". Il lavoro del coro, preparato da Alberto Malazzi, viene definito "straordinario per complessità e rapidità di sillabazione". Chailly ricorda il legame con la tradizione russa: "Šostakovič indica metronomi velocissimi, ma - come mi diceva Mariss Jansons - la tradizione invita a relativizzare. Suonava al pianoforte tempi indiavolati, ma non è lo stesso con cento musicisti". Nel IV atto, invece, il riferimento diventa esplicito: "Tutta la scrittura corale affonda in Modest Petrovič Musorgskij. Il coro lì può distendersi magnificamente, come nel Boris Godunov". Per Chailly, ogni interprete deve confrontarsi con la lettura di Mstislav Rostropovič, con Galina Višnevskaja nella parte della protagonista. "Un documento imprescindibile. Sono sicuro che le libertà che si prende nascano da un dialogo diretto con Šostakovič. È il mio punto di partenza". Il direttore paragona quel rapporto al legame Gustav Mahler–Willem Mengelberg e ai suoi personali incontri con Luciano Berio e Wolfgang Rihm. Chailly sceglie senza esitazioni le due romanze di Katerina Ismajlova come vertici espressivi dell’opera: "La prima, in fa diesis minore, è un approdo dopo tanto tormento armonico. Una pagina immensa, che Šostakovič trascriverà anche come brano autonomo. La seconda, nel IV atto, è un mondo a parte e introduce una serie dodecafonica completa: prima accennata dal corno inglese, poi esposta dall'oboe". Il direttore ricorda le esecuzioni degli interludi della Lady Macbeth in tournée e il feeling dell'Orchestra del Teatro alla Scala con la musica del compositore, dai concerti con Maxim Vengerov e Lynn Harrell alle incisioni dedicate al jazz, al cinema e al balletto. Tra le sinfonie dirette cita la Quinta, la Dodicesima e la Quattordicesima, e confessa un desiderio: "Vorrei dirigere la Quarta e l'Ottava. La Quarta, ritirata dopo la censura della Lady Macbeth, è un capolavoro anticipatore; l'Ottava, un'altra partitura sconvolgente". Resta però aperta la ferita storica: ""La condanna di Stalin fu gravissima. Šostakovič immaginava una trilogia sulla condizione della donna russa: Lady Macbeth ne era solo il primo titolo. Non possiamo nemmeno immaginare cosa avremmo avuto". L'unica consolazione, osserva Chailly, è la commedia musicale "Mosca, Čerëmuški": "Divertente e piena di valore, ma nulla rispetto ai progetti drammatici cancellati". Mentre il coro finale dell'opera "si allontana lasciando grande commozione", cresce l'attesa per la Prima del 7 dicembre: "L'aspettativa per questa Lady Macbeth è tanta", conclude Riccardo Chailly.