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L’INTERVISTA

Il presidente Ansaloni: «Quando la stalla divenne la palestra...»

Il presidente Ansaloni: «Quando la stalla divenne la palestra...»

Da lanciare il peso, a sorreggere il peso di una società ultracentenaria. Serafino Ansaloni, classe 1937, dal 1955 fa parte della Fratellanza, prima come atleta, poi come dirigente fino a ricoprirne...

20 maggio 2014
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Da lanciare il peso, a sorreggere il peso di una società ultracentenaria. Serafino Ansaloni, classe 1937, dal 1955 fa parte della Fratellanza, prima come atleta, poi come dirigente fino a ricoprirne il ruolo di presidente dal 2008 ad oggi. Avvicinatosi all’atletica assieme al fratello Luciano, ha da prima lanciato il peso ed il giavellotto, per poi cimentarsi nel martello. Studente del Corni, allenato dal prof. Ponzoni, ha vissuto l’annata migliore da atleta nel 1957 quando giunse terzo ai campionati italiani Giovanili.

A quando risalgono i primi incarichi in Fratellanza?

«Nel 1958 il prof. Ponzoni ed il dottor Sivelli, mi chiesero di entrare nel consiglio direttivo della Fratellanza. Venivo da un anno vissuto a Torino dove ho lavorato in Fiat, ed al rientro ripresi a gareggiare. Quando non c’erano i dirigenti era mio compito accompagnare la squadra alle gare. Nel 1978 fui nominato consigliere regionale della Fidal, poi negli anni fui anche presidente provinciale. Da quando andai in pensione (1993) fui sempre più inserito nella direzione della società».

Cosa è cambiato in questi anni?

«Non si possono fare paragoni, in cinquant’anni è cambiato il mondo. Allora la pista in terra rossa la vedevamo solo da marzo a ottobre, ed in orari limitati. Spesso andavamo a correre all’Autodromo dove oggi c’è il parco Ferrari».

I momenti più difficili?

«Ne abbiamo passati tanti, soprattutto negli anni ’50-’60 andando da una sede all’altra. Era difficile allenarsi, soprattutto d’inverno quando il campo veniva chiuso».

I momenti più belli?

«Non dimenticherò mai la famosa stalla acquistata dal Cavalier Malavolta Fioravanti. Fu un momento di grande euforia e di durissimo lavoro. Era il 1972 e trasformammo la stalla del 58° reggimento di cavalleria, un capannone diroccato e pieno di rottami, in una palestra. Ci trasformammo in muratori ed imbianchini e da stalla diventò palestra. Avendo una palestra, iniziammo a fare cose con i giovani, cambiando modo di gestire la società. Ponzoni, Sivelli ed Ariani: i miei maestri. Il professor Ponzoni e l’avvocato Sivelli, furono i primi a spronarmi. Ad Ariani devo l’esempio ed avermi insegnato a fare il dirigente».

Le gioie da presidente?

«L’orgoglio di essere sempre ai vertici delle classifiche nazionali. Nel 2008 avere avuto tre olimpionici a Pechino come Filippo Campioli, Matteo Villani ed Ivano Bucci è stato un sogno».

Un aneddoto?

«Il prof. Ponzoni e il dott. Sivelli furono dei precursori. Negli anni ’60 hanno voluto che entrassi nel consiglio della Fratellanza come portavoce degli atleti. Il Coni ci mise altri 30 anni prima di farlo».

Il presente: 140anni e non sentirli.

«La Fratellanza è società stupenda. Esserne a capo mi rende felice. E quello che ne certifica la qualità sono gli invidiabili risultati che ogni anno otteniamo. Senza dimenticare il fortissimo impatto sociale che ha oggi la Fratellanza nel tessuto di Modena e provincia».

Quanto orgoglio per questa visita di Malagò?

«E’ un orgoglio che rende felici e ci invita a mostrare all’Italia che cosa è la Fratellanza e cosa significa essere il primo centro di salto in alto».