Baldini, 10 anni dopo la medaglia di Atene: «Una vita di corsa»
Il maratoneta si racconta: «Gli ultimi 600 metri un delirio Il nuovo Baldini? Ce n’è più di uno, devono solo capirlo»
Un numero: 2157. Un anno: il 2004. Un tempo: 2 ore, 10 minuti e 55 secondi. Una data: 29 agosto. Già, venerdì saranno passati dieci anni esatti da quella che resta una delle imprese più epiche dello sport moderno, con pochi rivali se si va a misurare il significato sportivo che quel successo ha racchiuso, tra emozioni e intensità agonistica. La maratona olimpica di Atene 2004 corsa e vinta da Stefano Baldini, preparata col prof. Luciano Gigliotti lungo le strade di Modena, è ancora scolpita nell’album dei ricordi di ogni sportivo che si rispetti. In quello di Stefano Baldini ha, ovviamente, un posto particolare: «È lì, indelebile, oggi come dieci anni fa, unica perchè se non ha cambiato me ha certamente cambiato la mia vita».
Stefano Baldini oggi è giustamente punto di riferimento dell’atletica italiana nella formazione e selezione dei giovani talenti, un ruolo direttivo che però non gli nega di correre: «Non posso fare senza. La mia vita è di corsa e sarà sempre così. Corro per stare bene, corro per me, e mi hanno anche detto che la mia corsa ha aiutato altri ad avvicinarsi a questo mondo: è il complimento più bello che mi potevano fare ed uno dei significati più profondi della mia vittoria ad Atene».
Se dovesse scegliere un istante di quelle due ore, dieci minuti e 55 secondi, cosa fisserebbe in un fotogramma?
«Gli ultimi seicento metri, la svolta a sinistra per entrare nello stadio: passai dal crepuscolo con la strada schiarita dai lampioni allo stadio illuminato a giorno. Una sensazione magnifica, un delirio, dove umanamente cala la concentrazione perché capisci di essere ad un passo da qualcosa di incredibile».
Si emoziona ancora oggi?
«Certo, e guai se non fosse così. È anche il motivo per cui ho deciso di festeggiare questo decennale. Venerdì a Rubiera abbiamo organizzato una corsa alla quale seguirà un evento che spero unisca tanti amici e appassionati: ci sarà un rinfresco, la proiezione di un video e in piazza del Popolo Linus, insieme a me e ad altri ricorderà quei momenti. Il ricordo mi piace, ma non voglio solo girare le spalle. Guarderemo avanti, guarderemo al futuro, raccoglieremo fondi grazie alla onlus dell’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia e tutti avremo la stessa maglietta, con impresso il mio pettorale: 2157. Le iscrizioni stanno andando forte, non so se ci sarà posto per tutti, ma più saremo meglio sarà».
Cosa è cambiato nella corsa in questi dieci anni?
«Non molto, l’Africa è sempre l’Africa».
Il nuovo Baldini è già nato?
«Non uno, ne sono nati tanti. Devono capire di essere all’altezza, devono mettere a disposizione il loro talento, devono avere coraggio e saper cogliere quelle opportunità che la vita ti offre, e avere la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto».
Siamo andati indietro di dieci anni. Se guardiamo al futuro, invece, Baldini come si vede?
«Spero sempre di corsa, come oggi. Studioso, allenatore, commentatore e con tanto tempo da dedicare alla mia famiglia».
Davide Berti
@dvdberti
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