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L'intervista

Da Modena al tetto d'Europa. Bollini: «Il mio successo più grande»

Claudio Romiti
Da Modena al tetto d'Europa. Bollini: «Il mio successo più grande»<br type="_moz" />

L'ex tecnico dei gialli ha vinto il titolo con l'Under 19 azzurra: «Una vera squadra»

22 luglio 2023
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Una vittoria bellissima, ancora più bella perché inattesa. È quella che ha conquistato Alberto Bollini nel Campionato Europeo di categoria alla guida della Nazionale Under 19. Sono giorni frenetici per l’ex allenatore del Modena, questo successo lo ha ha fatto entrare in un frullatore mediatico («Non ci si sta male, però» - confessa), ma trova comunque il tempo per chi lo chiama da dove è partita la sua carriera a livello professionistico. «Ho centinaia di chiamate e messaggi, ma quelli che arrivano dalla mia terra hanno la priorità, perché conservo sempre gelosamente i Vhs delle due esperienze negli anni Novanta sulla panchina della prima squadra del Modena», spiega il tecnico di Poggio Rusco. Il quale si riserva solo di non rispondere a domande sull’Under 21 («So di godere della considerazione della Figc, di Roberto Mancini, quindi proseguirò il mio percorso in Federazione, poi si vedrà») e sul suo ritorno nel Modena l’anno della Serie D («Ci sto ancora male, ma non me la sento ancora di parlarne»).

Bollini, anche se nella sua carriera ci sono due scudetti Primavera, una Coppa Italia, altre finali di categoria, il titolo europeo con l’Under 21 è il risultato più prestigioso?

«Per l’importanza della manifestazione e perché ottenuto alla guida di una Rappresentativa Nazionale, è il più grande successo della mia carriera. Fermo restando che per me lo sono stati tutti, a partire del primo, la Coppa Primavera Nazionale per Allievi con la Rappresentativa dell’Emilia Romagna nel 1994, quando ero ancora nel Crevalcore».

Possiamo dire che la vittoria nell’Europeo Under 19 era inattesa per tanti motivi, e per questo ancora più bella?

«È proprio così. Questi ragazzi della classe 2004 erano stati i più sfortunati, perché due anni fa il Covid gli aveva impedito di fare l’Europeo Under 17, quindi erano una rappresentativa più che una squadra. Lo sono diventati attraverso una dura fase di qualificazioni e una ancora più difficile fase finale, nella quale hanno battuto squadre come Spagna e Portogallo, che non avevano mai perso, subendo appena uno e due gol. Il mio motto con loro è sempre stato che non era vero che non avevamo niente da perdere, anche se invece era così, ma che avevamo tutto da guadagnare».

Viste le tante individualità di quelle formazioni, il fatto che l’Italia abbia vinto sempre di squadra deve essere una vera goduria per l’allenatore…

«È la parola giusta. Ho visto l’evoluzione di un gruppo che è diventato squadra. E che squadra!».

Perché i giovani italiani faticano a trovare spazio in prima squadra?

«Le prime squadre dei club sono spesso inflazionate di stranieri, poi oggettivamente c’è un salto tra la Primavera e la prima squadra. Mancano le seconde squadre in cui farli maturare».

Da ex tecnico, e ancora tifoso, del Modena, come lo vede?

«Innanzitutto, con questa proprietà, lo vedo in buonissime mani. Come d’altronde i risultati degli ultimi due anni confermano ampiamente, l’immediato ritorno in B, la salvezza tranquilla, ma anche il lavoro di consolidamento nella categoria che stanno facendo».

Da tecnico delle giovanili ormai plurilaureato, cosa pensa del progetto dei Rivetti basato molto su un centro sportivo?

«Ormai è una necessità. Il Centro deve diventare la casa del club in tutti i sensi. È la giusta mentalità aziendale, perché si deve partire dalle strutture, dagli istruttori e ovviamente dai giovani».

Insomma, per restare qui vicino, una sorta di Modello Sassuolo.

«Se è in Serie A da oltre dieci anni non è per caso. In Nazionale ho fatto esordire un giovane neroverde, D’Andrea, e nell’Europeo ha giocato Missori, appena arrivato a Sassuolo dalla Roma. Due ragazzi di qualità che sono davvero nel posto giusto per crescere».