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Gioca con Ferrario e vende biciclette, Federico Chiossi: «Porto il Modena con me»

di Mattia Amaduzzi

	Federico Chiossi con Carlo Ferrario (foto Maurizio Marocco)
Federico Chiossi con Carlo Ferrario (foto Maurizio Marocco)

L’ex gioiello gialloblù: «Lavoro al mattino, allenamenti di pomeriggio e un grande sogno...»

25 marzo 2024
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MODENA. All’epoca, Federico Chiossi era il gioiello del settore giovanile del Modena, la speranza ed il sogno per ogni bambino tifoso di vestire un giorno i colori gialloblù come giocatore. Tutti sappiamo, però, com’è andata a finire. E per chi non lo sapesse, ci pensa il 25enne Chiossi a raccontare la sua storia da allora.

Chiossi, com’è proseguita la sua carriera calcistica lontano da Modena?

«Sono stato nella Primavera dell’Atalanta, ho fatto un’esperienza a Siena e poi prima del Covid sono accaduti due fatti: ho rescisso il contratto con la Dea ed è nato mio figlio. La mia compagna è di Bergamo, ed ho preso dunque la decisione di non andare in giro per l’Italia in Serie C, preferendo rimanere vicino alla mia nuova casa, cominciando anche a lavorare nel frattempo. Ho fatto tre anni al Real Calepina, una società neopromossa in D, mentre adesso sono al Villa Valle, una squadra sempre di queste zone, sempre in D, ma che ha ambizioni importanti. Vorrebbe fare campionati di vertice, ma senza la fretta del Piacenza e Carpi. Quest’anno i playoff forse sono un po’ lontani, ma siamo praticamente salvi».

Insieme a lei in squadra c’è un certo Carlo Ferrario…

«È stato uno dei motivi che mi ha spinto ad accettare con gioia la proposta del Villa Valle. Carlo è uno dei bomber di questa categoria, e giocare con lui è un onore per me, perché è una grande persona oltre ad essere un grandissimo giocatore. Parliamo tanto di Modena, una città a cui è rimasto molto legato, al pari di chi ci è nato. Segue sempre tutte le partite, e la considera come una seconda casa».

Come giudica l’esperienza a Siena?

«Venivo da quattro mesi in cui avevo avuto un problema al piede, ma l’allora ds Vaira mi volle con sé lo stesso. Quando sono arrivato lì, passai i primi tempi solo ad allenarmi, salvo poi tornare a gennaio all’Atalanta, a causa di una frattura all’astragalo, e decisi di operarmi qui a Bergamo. A Siena, però, ho conosciuto sia Gliozzi che Gerli, due grandissimi giocatori».

Facciamo un salto indietro. Lei purtroppo ha vissuto anni non semplici a Modena…

«No, sappiamo tutti che periodo era. Però, considero l’esordio con il Venezia in Serie C, con Pavan in panchina, il giorno più felice della mia vita, dopo la nascita di mio figlio. Avevo 16 anni, e giocai contro la squadra che poi vinse il campionato. Un’emozione speciale per me che avevo fatto tutta la trafila nel settore giovanile. Andai via dal Sassuolo, nonostante l’allora direttore Soli si fosse opposto, perché il mio sogno era quello di giocare nel Modena. Purtroppo sono stati anni difficili, perché la società è stata costretta a vendere i suoi giovani più interessanti. Di certo, mi sarebbe piaciuto essere in un Modena serio come adesso, che valorizza i propri ragazzi, facendoli crescere, magari mandandoli a farsi le ossa in giro. Come sta facendo Abiuso».

C’erano altre squadre interessate a lei oltre all’Atalanta?

«Il Torino aveva presentato un’offerta, con l’allora allenatore della Primavera Coppitelli che mi voleva e mi aveva chiamato personalmente. Le due società non si sono messe d’accordo, e alla fine la spuntò l’Atalanta. A Modena si percepiva che qualcosa di brutto poteva accadere, dato che il presidente (Caliendo, ndr) cercava la soluzione migliore per sé stesso».

Arrivò comunque in uno dei migliori settori giovanili d’Italia…

«È stata una bellissima esperienza, sia a livello calcistico che personale. Abbiamo stravinto lo Scudetto, con una squadra fortissima. In porta c’era Carnesecchi, mio grande amico, in difesa c’erano Zortea, Delprato e a volte anche Bastoni. A centrocampo c’erano Kulusevski e Melegoni, mentre in attacco Barrow ed Elia. Eravamo uno squadrone, e dunque c’era tanta concorrenza. Perciò forse avrei preferito essere in una rosa meno competitiva, ma in cui avrei avuto più spazio, magari mantenendo anche la Nazionale».

Che consigli si sente di dare ad un giovane come Abiuso, cresciuto nel Modena come lei?

«Sono quelli di chi ci è già passato, e ha il rammarico di non aver sfruttato quell’occasione. Gli dico di godersi l’emozione di giocare per la squadra della propria città, e cercare di farla durare il più possibile, senza però togliersi l’opportunità di migliorare la situazione. Io questa fortuna non l’ho avuta».

Cosa ne pensa del Modena di quest’anno? Poteva fare qualcosa di più?

«Partiamo dal presupposto che adesso c’è una società importante, forte e seria. Col fatto che si tratti di una delle piazze più importanti in B, la gente si aspetta sempre il massimo. In categoria, però, ci sono tante altre squadre attrezzate. Perciò, adesso non è il momento di criticare, bensì godersi un ambiente finalmente sereno. La squadra ha dimostrato di avere carattere, perciò bisogna avere fiducia. La B è un campionato difficile, ma alla lunga, il Modena verrà fuori, perché la società è composta da gente seria che sa il fatto suo».

Anche adesso sta continuando a giocare e al tempo stesso lavorare?

«Sì, certo. In Serie D siamo in diversi a farlo, nonostante ci alleniamo tutti i giorni. Ho famiglia, e mi da l’opportunità di avere più stabilità. Non mi pesa troppo, perché ce la faccio ancora a livello fisico a coniugare le due cose. Lavoro part-time per un’azienda che vende, online e all’estero, biciclette da strada, top di gamma. Alla mattina lavoro, e al pomeriggio mi alleno. È dura, ma lo faccio volentieri».

In un futuro, le piacerebbe tornare a giocare in zona o al Modena, anche in un’altra veste?

«Sì, assolutamente – conclude Federico Chiossi – A Modena c’è la mia famiglia, e mi sono sempre immaginato la mia vita lì. A Bergamo sto benissimo, ma non escludo un mio ritorno, o da giocatore lavoratore, o solo da lavoratore, o in qualsiasi veste al Modena. È un’opzione ed una speranza - non lo nascondo - che tengo sempre viva dentro di me».