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Francesco Acerbi raccontato dal mental coach: «Un ribelle diventato leader, proprio quello che dovrà essere per l’Inter in finale»


	Franchini e Acerbi
Franchini e Acerbi

Il difensore nerazzurro, che stasera si giocherà la Champions League contro il Psg, dai tempi del Sassuolo è seguito da Paolo Franchini, specialista modenese: «È un guerriero, per questo lo chiamo leone. A Monaco non avrà un centravanti vero da marcare, quindi dovrà essere guida della difesa»

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MODENA. “Acerbi è il miglior difensore d’Europa”. Lo ha definito così Claudio Marchisio, mentre un altro illustre centrocampista come Toni Kroos, dopo la semifinale col Barcellona, ha detto di lui: “Se dovessi scegliere tra un sistema d'allarme, un pastore tedesco o un Acerbi davanti casa, sceglierei Acerbi. È pura mentalità”. Sabato 31 maggio alla sera il 37enne difensore ex Sassuolo si giocherà per la seconda volta la possibilità di ritagliarsi uno spazio tra le leggende dell’Inter. Ma come si può passare dal rischiare il ritiro dopo la diagnosi di un tumore a diventare uno dei difensori più forti al mondo, giocando due finali di Champions in tre anni?

I due Acerbi

La risposta è grazie alla psicoterapia e lo ha spiegato bene Paolo Franchini, psicologo, psicoterapeuta e psicanalista di Castelnuovo che da anni segue Acerbi nel ruolo di mental psychological trainer. «L’ho conosciuto alla fine del 2015, aveva già superato il tumore e la ricaduta e mi era stato mandato dal suo dentista. Francesco non cercava un mental coach, me lo ha detto espressamente, ma qualcuno che lo aiutasse a guardarsi dentro. Ci sono stati due Acerbi: uno prima del tumore e uno dopo. C’è un taglio netto che li distingue». La carriera di Acerbi sembrava avere preso il volo dopo il trasferimento al Milan ma, al contrario, quel momento ha segnato l’inizio di una pesante caduta per lui. «Era molto ribelle. Prima ha fatto di tutto per andare al Milan e poi una volta lì ha fatto lo sciocco e si è allenato male. Questo è dovuto ad un comportamento autodistruttivo che è quello che abbiamo dovuto togliere».

Il rapporto con il padre

Motivo di conflitto per lui anche il rapporto col padre. «Aveva un bel rapporto con il padre che però era un uomo forte. Non gli perdonava niente in campo e questo lo portava a trasgredire. Era lui il suo vero motivatore. In una intervista Francesco dice di essere andato al Milan per suo padre, ma ha capito solo dopo che bisogna fare le cose per sé non per qualcun altro. Morto il padre è caduto in depressione perché è venuta meno la sua motivazione. Ha iniziato a bere e divertirsi, perdendo passione per il calcio. Lui giocava per dimostrare a suo padre che era bravo».

La malattia

Dopo la morte del padre per lui arriva anche la batosta del tumore. «Dopo poco scopre il tumore e lo cura, ma in tutta questa vicenda esce fuori il suo carattere. Francesco non si abbatte, non si butta giù, è convinto di farcela e tocca con mano il fatto di non essere onnipotente, facendo scattare in lui una certa maturità».

La rinascita

Grazie alla nuova maturità, raggiunta anche grazie alla psicoterapia, adesso Acerbi è un uomo nuovo. «Lui è un guerriero, come un gladiatore, con dei tratti anche selvaggi perché non gli interessa piacere o essere seduttivo ed è per questo che lo chiamo leone. È un leader e anche i suoi compagni di reparto quando c’è lui rendono meglio».

La storia del nerazzurro è un ulteriore esempio dell’importanza della salute mentale. «Avere problemi mentali non vuol dire mica essere fuori di testa. Significa piuttosto essere contraddittorio, conflittuale con sé stesso, ribelle, non reggere davanti alle difficoltà. La psicologia è lo studio della persona che ti fa capire le doti che hai e i tuoi limiti».

La finale contro il Psg

E sulla finale ad Acerbi, che fa affidamento sui suoi preziosi consigli anche prima di partite importanti, Franchini ha detto: «Tu non avrai un centravanti da marcare, quindi devi fare soprattutto il leader, gestendo la difesa. Contro il Paris Saint Germain sarà ancora più difficile perché l’Inter ha vinto partite impossibili e il rischio ora è di sentirsi troppo forti».