Natale in Etiopia per Rodolfo Giovenzana: il volley al centro del progetto umanitario
Con Moxa ha ideato “Oltre la Rete 2025”, progetto di cooperazione sportiva che attraverso il volley mira a creare un ponte tra l’Europa e il paese africano
MODENA. La carriera del modenese Rodolfo “Giobbe” Giovenzana attraversa oltre sessant’anni di pallavolo. Da atleta, tecnico, dirigente, e oggi testimone instancabile di come lo sport possa trasformarsi in strumento speciale e sociale. La sua passione, negli ultimi anni, lo ha portato lontano dai palazzetti “domestici”: nel cuore dell’Etiopia rurale, accanto a Moxa – Modena per gli Altri, organizzazione impegnata nella cooperazione internazionale. Da questo incontro è nato Oltre la Rete 2025, un progetto che punta a unire pallavolo, volontariato e sviluppo comunitario. Un filo teso fra Modena e tre piccoli centri dell’altopiano etiope – Shallala, Orde e Maldo – guida il progetto nel cuore di una regione rurale dove la vita scorre senza acqua corrente né elettricità e dove le famiglie vivono con risorse minime.
I modenesi in Etiopia
In questo contesto, il volley non arriva come semplice disciplina sportiva, ma come occasione concreta per creare spazi di incontro, prospettive educative e una quotidianità un po’ più luminosa. Il progetto vanta un grande onore, sostenuto dalla Fivb Volleyball Foundation, è stato selezionato come uno dei cinque finanziati nel mondo nel 2025. A portarlo avanti è una rete modenese composta da Moxa e Experience, insieme di associazioni sportive del territorio. Da domani – 20 dicembre - al 30 dicembre, un gruppo formato da 12 atleti, 5 tecnici, un medico e un’infermiera – coordinati da Manù Benelli – sarà in Etiopia per realizzare un “Volley Campus” rivolto a oltre 3.000 bambini e bambine delle scuole primarie e secondarie dei tre villaggi. Saranno creati gruppi sportivi scolastici, piccole accademie, e verranno formati insegnanti locali, così da garantire lavoro stabile e continuità delle attività per tutto l’anno.
La capretta come dono
La missione di dicembre rappresenta la seconda fase operativa del progetto. La prima, svolta a novembre, ha riguardato l’organizzazione logistica e la consegna di materiali sportivi. Ma soprattutto ha portato nei villaggi l’installazione dei primi lampioni solari, che hanno acceso letteralmente – e simbolicamente – le strade di Shallala, Orde e Maldo. La popolazione ha accolto la delegazione con un gesto che racconta molto: in ciascun villaggio hanno donato ai volontari una capretta, il bene più prezioso per quelle comunità. Il programma triennale prevede, oltre al lavoro sportivo, la costruzione di campi da pallavolo all’aperto utilizzabili anche durante la stagione delle piogge, e nuovi interventi di illuminazione con pannelli solari per migliorare la vita quotidiana degli abitanti.
Le parole di Giovenzana
Giovenzana vede nel progetto un punto di svolta, non solo per i villaggi etiopi, ma per il modo stesso in cui lo sport può concepire il proprio ruolo. «Una cosa innovativa», spiega, «è l’incontro tra il mondo dello sport e quello del volontariato e della cooperazione internazionale. Due realtà che si sono sempre parlate da lontano, e che qui invece diventano un’unica entità, complementare, capace di lavorare insieme per progetti di solidarietà. Credo che il futuro dello sport sia diventare un’agenzia educativa a largo raggio». Per Giovenzana, il valore aggiunto sta proprio nella possibilità di offrire ai giovani atleti italiani un’esperienza che va oltre la palestra. «Vuol dire dare ai ragazzi la possibilità di vivere qualcosa che non è strettamente sportivo, ma attraverso lo sport avvicinarsi a un’altra realtà. È un arricchimento personale enorme». Il progetto non nasce dal nulla, continua Giobbe: «Parte nel 2018», ricorda, «da un’idea di Moxa insieme alla Scuola di Pallavolo Anderlini, di cui allora ero dirigente. Il Covid ha fermato tutto, anche in Africa. Quest’anno abbiamo ripresentato il percorso alla Fivb e siamo ripartiti: Moxa come capofila e la rete di Experience che ha ripreso in mano il lavoro per svilupparlo».
Natale in Etiopia
Il viaggio di dicembre avrà un sapore particolare: il gruppo trascorrerà il Natale negli altopiani etiopi. Non solo una necessità logistica, per permettere ai giovani atleti – molti ancora studenti – di partecipare, ma anche un elemento simbolico. «Fare Natale in Africa, in un villaggio a 2.300 metri, immersi nella foresta, sarà qualcosa che non dimenticheremo. Ha un significato profondo, è il senso autentico del Natale», racconta Giovenzana. Accanto a lui in questo percorso ci sarà Manù Benelli, responsabile tecnica del progetto. «Fa parte di Experience con la sua Volley Academy. Era naturale chiederle di coordinare tutta l’attività nei tre villaggi. Da lì nasceranno gruppi sportivi scolastici e anche opportunità di lavoro: formiamo allenatori locali, inizialmente tre figure remunerate, così che l’attività continui quando noi non ci saremo». Dello stesso avviso Manù Benelli: «Si tratta di un impegno importantissimo di cui sono Direttrice tecnica: costruiremo campi, formeremo tecnici locali e porteremo materiale sportivo. Siamo orgogliosi di quello che è stato fatto fin ora, abbiamo portato l’illuminazione in luoghi dove ore sono calate anche le aggressioni notturne e questo ci rimanda alla grandezza dell’intervento. Nei prossimi anni porteremo anche le atlete della mia Volley Accademy. Voglio che tocchino con mano cosa significa usare la pallavolo per costruire comunità».
Il progetto umanitario
Il calendario prevede quattro missioni all’anno, non solo per seguire l’evoluzione sportiva ma anche i lavori infrastrutturali: campi, lampioni, ristrutturazione delle scuole, materiali. «Porteremo reti da trenta metri per allenare cento ragazzi insieme. Stiamo costruendo qualcosa che lascia il segno». Giobbe e Manù, due soprannomi per due persone grandi, che parlano della pallavolo, ma in realtà parlano di un’idea di futuro. Una rete che non separa il campo, ma unisce due mondi e accende luci – concrete e simboliche – in un angolo remoto dell’Africa. In mezzo alla foresta, la pallavolo diventa un atto di comunità. E racconta molto più del gioco stesso, perché là dove l’elettricità mancava, ora si gioca sotto lampioni che arrivano da Modena. E non è solo sport. È una promessa. Una promessa mantenuta.
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