Gazzetta di Modena

incontro domani a castelnuovo

Alperoli, Bertoni, Rentocchini: tre autori per parlare di poesia

di Michele Fuoco
Alperoli, Bertoni, Rentocchini: tre autori per parlare di poesia

MODENA. C'è da credere che Roberto Alperoli trovi nella poesia la via per uscire dall'incomunicabilità con gli altri e anche con se stesso. Quelle parole dette, sempre con chiarezza, come personaggio...

21 settembre 2014
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MODENA. C'è da credere che Roberto Alperoli trovi nella poesia la via per uscire dall'incomunicabilità con gli altri e anche con se stesso. Quelle parole dette, sempre con chiarezza, come personaggio pubblico (sindaco di Castelnuovo e poi assessore alla Cultura a Modena) non possono mai acquistare quella risonanza che il verso può garantire, pur nella sospensione di senso. Ecco perché ha sempre coltivato la poesia (è l'ideatore e organizzatore del PoesiaFestival), e con “Il cielo di oggi” (Incontri editrice, pp. 94, euro 12), siamo già alla terza raccolta, dopo “La vita accanto” del 2003 e “Le minime eternità” del 2008, cui si aggiunge, insieme ad Alberto Bertoni e Emilio Rentocchini, “Recordare” del 2011. E i tre poeti (Bertoni, autore di “Traversate”, e Rentocchini di “Stanze di confine”), incontreranno domani alle 21 il pubblico a Castelnuovo presso il Salumificio Villani. Modera Roberto Serio. Intanto, poesie delle tre sillogi di Alperoli dialogano nello Spazio della Libreria della Festa del Pd a Ponte Alto, con 20 disegni di Andrea Capucci. Possibili gli incontri e seduzioni tra la parola e l'immagine, anche se «i disegni - dicono i due autori - non sono stati appositamente realizzati per le poesie». Un sorta di consonanza lirica che sostiene una lunga amicizia, permettendo al verso di riscoprirsi come linguaggio visivo. E ne “Il cielo di oggi”, che reca interventi di Gianni D'Elia, Roberto Galaverni e Lella Ravasi Bellocchio, Alperoli approda a quella ariosa cantabilità del verso che si carica, come il segno di Capucci, in dosature sapienti e finissimi accordi, del candore della parola che tiene ancora viva l'ingenuità che affolla memorie, sempre presenti, dell'infanzia e della fanciullezza, quando “mi lasciavo emozionare/ dalla pochezza,/ da una lampadina sporca”. Ricordi che si fanno forza viva di un mondo di illusioni e di idealità che assumono il senso di comunione con l'affetto materno (finivo sempre in te/ in te mi salvavo...) e paterno (avvolti nel torpore/ di un dolore ad ogni costo). L'autore misura nel vivo della propria esperienza la disincantata dimensione esistenziale e la poesia diventa cammino temporale e si rivolge alla riflessione intima e alla comprensione di stati d'animo pensierosi e solitari, nella paura della lontananza. Anche le piccole estasi del fanciullo, che si risolvono in trepida vicinanza alle cose, conservano l'accento di un'apertura d'animo fresca di fronte ai palpiti della natura. Un nobile sentire in una poesia piena di pudore e ripensamenti che riesce, in un “limare artigiano”, a far lievitare la quotidianità in accadimenti eccezionali.