Gazzetta di Modena

Il Pen Club candida al Premio Nobel il modenese Francesco Benozzo, poeta dei paesaggi

Carlo Gregori
Francesco Benozzo, arpista e poeta modenese
Francesco Benozzo, arpista e poeta modenese

L'arpista e poeta modenese Francesco Benozzo viene candidato al premio Nobel da una sezione spagnola del Pen Club International per la sua opera basata sull'oralità e la descrizione del paesaggio. «È una candidatura che mi lusinga ma io sono un outsider totale nel mondo dei giochi letterari e accademici", dice Benozzo

26 luglio 2015
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MODENA. «È una candidatura al premio Nobel, la mia, che mi lusinga ma che va anche vista in modo un po' scherzoso: io sono un outsider totale nel mondo dei giochi letterari e accademici. È un modo per fare capire che la mia opera può avere un pubblico anche se non è “spinta” da una casa editrice, da un’accademia letteraria o da un rettore».

Francesco Benozzo, 46 anni, modenese, filologo romanzo all’Università di Bologna, arpista di successo e poeta per vocazione, è sorpreso e divertito dalla voce che lo vede candidato al principale premio letterario del mondo insieme con altri 320 scrittori, quasi tutti celebri e pubblicizzati (per l’Italia c’è anche Sebastiano Vassalli). Il punto è, però, che non è un annuncio-scherzo: la candidatura è stata fatta all’interno del Pen Club International, il “faro” degli scrittori, un’associazione talmente importante che non solo promuove la buona letteratura (specie contro la letteratura spazzatura di oggi) ma anche i diritti e la difesa degli autori perseguitati. Anche se di carattere modesto, Benozzo ha un seguito non solo come arpista ma anche come poeta protagonista di reading pubblici.

Racconta: «La notizia mi è arrivata da un collega filologo di Vigo, in Spagna: Gonzalo Navaza, uno dei referenti principali del Pen Club in Spagna. Mi ha detto che per la mia opera, così come composta, centrata sull’oralità, e per il mio poema “Onirico Geologico”, hanno proposto di candidarmi al Nobel».

È noto però che i saggi di Stoccolma non tengono in alcuna considerazione queste candidature, che vengono rese note solo 50 anni dopo. Che significato ha quindi questo annuncio del Pen Club?

«Credo che vada visto all’interno di un apprezzamento del mio modo di fare poesia. Io lavoro sulla poesia orale. “Onirico Geologico” è nato sui Monti Sibillini durante una settimana selvaggia, in cui dormivo sotto le stelle ed ero in totale solitudine, solo a contatto con la natura. Ho raccolto molto materiale che col tempo ha lavorato e plasmato e alla fine la pubblicazione è giunta al termine di un percorso, ma l’oralità del poema continua. Lo recito con o senza accompagnamento musicale e si trasforma».

Perché questo ritorno a una forma di poesia antica, come quella orale, colpisce tanto?

«Non ho una risposta ma posso confermare che suscita interesse. Il poeta americano Barry Wallenstein ha scritto parole belle sul mio lavoro: “Ascoltare Francesco Benozzo eseguire Onirico geologico accompagnato dalla sua arpa mi ha illuminato improvvisamente su come è nata la poesia ancora prima che esistessero i poeti”».

Quindi la stampa di questo poema ha un peso relativo nella storia del poema stesso.

«Sì. È stato pubblicato dalla Kolibris solo nel 2014 e ora esce la traduzione inglese, ma il lavoro va avanti. Non credo nella versione scritta definitiva. Non sono certo un poeta che ama la forma, come tanti dall’Ottocento ad oggi. Per me importa la voce».

A proposito di “Onirico Geologico” si è parlato di “epica dei paesaggi”.

«Mi riconosco in questa definizione».

Quindi, tornando alla candidatura al Nobel, cosa possiamo dirne?

«Che hanno candidato uno come me che crea fuori dalle correnti principali e dai giochi editoriali. So di non contare niente e che questa candidatura non avrà effetti sulla rosa finale, ma fa capire che esiste un mondo artistico come quello della poesia orale e che questo mondo piace».

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