Gazzetta di Modena

Volti e storie di Pievepelago ecco il paese un secolo fa

Rolando Bussi
Volti e storie di Pievepelago ecco il paese un secolo fa

Qui ha sede l’Accademia del Frignano “Lo Scoltenna” nata nel 1902

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Chi, non conoscendo il nostro Appennino, si imbatte nel nome Pievepelago, pensa subito a una chiesa collocata sulla riva del mare. È invece un bellissimo paese all’altezza di 781 metri, con una estensione di 76,54 kmq e 2.230 abitanti. Il toponimo Pèlago deriva dal latino "pelagus", e indicherebbe la vicinanza a un ampio bacino idrico, ma l'unica traccia di questo "pelago" è oggi il vasto letto del fiume. Lì ha sede l'Accademia del Frignano "Lo Scoltenna", fondata nel 1902, che cominciò la sua attività pubblicando gli "Atti e Memorie", seguiti a partire dal 1956 dalla "Rassegna Frignanese", tutto in funzione, con contributi veramente importanti, della promozione di studi relativi al Frignano (a Pievepelago, in precedenza, dal 1881 al 1890, era stata pubblicata la Strenna "Lo Scoltenna", e dal 1883 al 1889 si pubblicò il mensile "Il Montanaro"). Pievepelago era un luogo di transito da e verso la Toscana, per truppe e personaggi celebri (si dibatte se anche Napoleone sia passato di lì).

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Certamente passò di lì Maria Anna Carolina Pia, moglie di Ferdinando II d'Austria. Nel 1851 una sua generosa donazione permise infatti di ricostruire l'oratorio detto "dei Bianchi", uno strano edificio, più simile a un teatro che a un luogo di culto. A Pievepelago in pieno centro c'è una via con un nome stranissimo: Via Tamburù. Così la descriveva nel 1972 Ferruccio Pedrazzoli nel suo Paese lontano: "Via Tamburù è larga pochi metri.

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Se non fosse appartata e quasi nascosta oggi sarebbe impari al traffico. Ci sono ventotto case, vecchie tutte e modeste la più parte, alcune umili addirittura. Ma c'è però il Comune, e c'è la cannoniera ducale della Via Giardini, ancora solenne e solida; ci sono le case dei professori e ci sono gli alberi qua e là". Qui per la festa del Corpus Domini si prepara l'Infiorata, un tappeto di fiori che ricoprono proprio la centrale via Tamburù. A Pievepelago non ha origini molto antiche; la prima notizia risale al 21 giugno 1927, quando un cronista così descrisse la processione del Corpus Domini lungo le vie "cosparse di olezzanti fiori freschi". "La prima notizia storica relativa a questa usanza in Italia la fornisce il gesuita Giovan Battista Ferrari, senese, nel suo De florum cultura pubblicato in latino nel 1633 e in una seconda edizione in italiano nel 1638", che descrive la prima infiorata fatta in Vaticano il 29 giugno 1625 in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo.

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La preparazione richiede tempo e infinita pazienza e bravura: infatti i tappeti floreali sono molto elaborati nei disegni, spesso a tema religioso, nella disposizione e nell'accostamento dei fiori, nelle diverse tonalità di colore. Circa un mese prima della festa, gli infioratori si trovano insieme per organizzare la manifestazione. Alcuni giorni prima, si recano a raccogliere i fiori selvatici non protetti: ginestra, margherita, palle di neve, maggiociondolo, acacia... e li conservano in locali umidi. La mattina della festa, inizia il lavoro vero e proprio: vi è chi traccia il contorno del disegno con gessi, chi dispone i fiori sul terreno, chi li annaffia continuamente per mantenerli freschi. Alle 12.00 passa la processione e soltanto il sacerdote con l'Ostensorio tra le mani potrà calpestare i tappeti.

Quattro sono le frazioni di Pievepelago: Roccapelago, Sant'Andreapelago, Sant'Annapelago e Tagliole.

Nella cripta della chiesa della Conversione di San Paolo a Roccapelago, messa in luce nel corso delle indagini archeologiche condotte tra il 2010 e il 2011, sotto il pavimento è stato rinvenuto un antico luogo di sepoltura con all'interno corpi mummificati, databili tra il XVI e il XVIII secolo, in parte visibili.

Ai Casoni di Sant'Andreapelago le "Capanne celtiche" sono un pregevole esempio di utilizzo delle antiche tecniche dei Celti. Da Tagliole si raggiunge il Lago Santo: siamo a 1500 m. Di notevole interesse artistico e storico è anche il massiccio ed elegante "Ponte della Fola", realizzato "a schiena d'asino", la cui costruzione risale al tardo Medioevo.

È al confine tra Riolunato e Pievepelago, scavalcando il torrente Scoltenna prima che questo si inabissi nella forra che per secoli ha costituto un ostacolo per le comunicazioni. È l'unico esempio di ponte di pietra a due arcate in tutta l'Emilia. La perizia con la quale furono progettate e costruite le sue arcate fece nascere leggende con monaci e demoni: si narra quindi che un frate raggirò i demoni facendo loro costruire il ponte.

P. S. Le immagini, se non diversamente indicato, sono state gentilmente offerte dall'Accademia del Frignano "Lo Scoltenna".

Rolando Bussi

bussirolando@gmail.com