Modena, con Arthur Miller la Compagnia Orsini indaga la famiglia
Uno dei “mostri sacri” della tradizione teatrale italiana, Umberto Orsini, è in scena con la sua compagnia, oggi e domani alle 20, al teatro Storchi. In cartellone, con la presenza in veste...
MODENA. Uno dei “mostri sacri” della tradizione teatrale italiana, Umberto Orsini, è in scena con la sua compagnia, oggi e domani alle 20, al teatro Storchi. In cartellone, con la presenza in veste di attore anche del regista Massimo Popolizio, di Alvia Reale ed Elia Schilton, “Il prezzo” di Arthur Miller nella traduzione italiana di Masolino D’Amico. Il testo gravita intorno a due fratelli di famiglia agiata che, dopo il crollo finanziario del 1929, hanno assunto posizioni differenti: il primo, Victor, ha abbandonato gli studi nei quali brillava, si è arruolato in polizia per poter mantenere il padre caduto in miseria. L'altro, Walter, sottraendosi alle responsabilità familiari, ha invece proseguito gli studi ed è diventato un grande chirurgo. Miller e gli attori che interpretano le varie parti, attraverso personaggi a tutto tondo capaci di emozionare, ci spiegano che la vita di tutti è indissolubilmente legate alle scelte del passato. Scelte che ci portano a una fluidità dell’esistenza, ma anche alla indispensabilità della conoscenza. Lo stesso Orsini nei giorni scorsi ha spiegato come è nata la sua scelta di mettere in scena quest’opera: «Sei anni fa - annota - nella libreria del National Theatre di Londra mi capitò tra le mani The Price di Miller e la memoria mi riportò immediatamente a uno spettacolo interpretato da Raf Vallone negli anni Sessanta. Lo lessi e ne fui subito catturato, soprattutto dall’attualità della vicenda. Decisi che lo avrei fatto tradurre per portare in scena la commedia solo se avessi trovato tre bravissimi attori nei ruoli principali. I miei desideri si sono avverati, grazie a tre splendidi compagni». Uno di essi è appunto Massimo Popolizio che in questa intervista spiega anzitutto il significato della commedia milleriana.
«Il cuore di questo testo - spiega il regista e attore - sta nella metafora con la quale Miller mette in scena la famiglia. Famiglia, come sempre per lui, intrisa di ‘mostri’. Qui ci sono due fratelli che si ritrovano dopo sedici anni per vendere mobili di famiglia: con altri personaggi, come il vecchio Solomon, dando un prezzo ai singoli mobili, si finisce metaforicamente per dare un prezzo alla vita di ognuno. Il lavoro è così ben strutturato nella sua alternanza di momenti divertenti e di momenti drammatici che è stata proprio la consistenza e lo spessore dei quattro personaggi che animano la storia a farne un testo e uno spettacolo di successo». In questo spettacolo tutti gli attori sono di esperienza: «Orsini ed io - continua Popolizio - lavoriamo insieme da dieci anni e sostanzialmente ci completiamo. Io sono più nero, lui è senz’altro molto più leggero di me». Secondo il regista il testo ormai è ben oliato: «Siamo oltre le 210 repliche per questa che non è la solita favoletta di Miller e non è certo per noi attori un testo particolarmente complicato da assimilare. Neppure per il pubblico è troppo complicato: vedo che tutti in sala sono attenti perché è un testo veloce con personaggi che creano empatia. Si ride molto, certo cinicamente, poiché tutti, bene o male, nella vita si sentono rappresentati da queste tipologie di personaggi”.