Spettatore seriale

Modena. "Tutto fa brodo" un don Chisciotte che parla all'uomo di oggi

Andrea Marcheselli
Modena. "Tutto fa brodo" un don Chisciotte che parla all'uomo di oggi

24 ottobre 2019
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MODENA. La compagnia fiamminga Laika è specializzata in un “teatro dei sensi”. Alla costante ricerca delle infinite e più disparate sorprese che è in grado di offrire il mondo intero, non si pone limiti di spazio, tecnici, di contenuto. Sul territorio modenese ha proposto soprattutto spettacoli che hanno il rapporto col cibo quale tema fondamentale; in altre occasioni idee, sentimenti emergono da riflessioni sui campi cromatici, su temi olfattivi o più semplicemente su temi narrativi.

“Tutto fa brodo”, lo spettacolo costruito per e assieme ai ragazzi della Scuola di teatro Jolanda Gazzerro di Emilia Romagna Teatro Fondazione, è il frutto di un’attività laboratoriale sviluppata durante l’estate sotto la guida del regista Michiel Soete e della coppia di drammaturghi Peter De Bie e Jo Roets, doppia anima di Laika. Presentato in prima assoluta al teatro delle Passioni fra il 15 e il 27 ottobre, è una sorta di patchwork ispirato al “Don Chisciotte” di Cervantes rivisto e adeguato all’esigenza di parlare soprattutto di noi, oggi, sebbene in definitiva sentimenti, passioni, reazioni dell’uomo restino sempre le stesse.

Il capolavoro della letteratura ispanica è qualcosa di più di un romanzo divertente, pieno di ironia: una sorta, piuttosto, di indagine sui meccanismi sottesi ai comportamenti umani più intimi, una metafora della ricerca di identità dell’uomo moderno che fatica a riconoscersi in quella specie di automa che è divenuto con il progressivo allontanamento dalla natura.

Ecco, dunque, che sulla scena ne rivivono sprazzi, aneddoti, paradossi che provengono dal testo cinquecentesco ma si riproducono in situazioni contemporanee che ci sfiorano, ci coinvolgono, magari possono anche arrivare a farci male, interiormente.

La piega prevalentemente umoristica della messa in scena non esclude momenti drammatici anche intensi, come è poi nella vita, ma come nelle storie di Asterix tutto confluisce in una cena finale che funge da collettore dei sentimenti generati e permette se non proprio una catarsi una “digestione” delle vicende rivissute. Il menù è configurato sui temi affrontati su una scena in cui momenti di vita si sono consumati come libri arsi in una fornace, per cui tutto appare bruciacchiato: come in un capolavoro barocco tuttavia è solo finzione, inganno visivo, perché al contrario il cibo ideato da Peter De Bie è assai buono, pur nella sua bizzarria. In questo modo peraltro resta totalmente in sintonia con quanto vissuto nello spettacolo entro cui lo spettatore viene progressivamente chiamato ad entrare quale parte attiva.

La riuscita complessiva non può non risentire della freschezza ancora un po’ immatura di diversi degli allievi della scuola di teatro, ma il meccanismo progettato dai Laika ancora una volta conferma il genio teatrale di una compagnia che resta tra le più interessanti della scena europea contemporanea. La loro idea di teatro non rischia di rimanere datata perché in costante evoluzione col mondo che li circonda, ed è ciò che garantisce al teatro più che la sopravvivenza la necessità proprio di esistere.