Gazzetta di Modena

Spettatore seriale

Modena, "Il silenzio è grande": applausi convinti allo Storchi

Andrea Marcheselli
Modena, "Il silenzio è grande": applausi convinti allo Storchi

Lo spettacolo è di quelli che sanno coinvolgere il pubblico, che la sera della prima modenese ha premiato al termine la compagnia con lunghissimi e calorosi applausi, diremmo davvero meritati.

11 gennaio 2020
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Vi sono vari elementi di positività ne “Il silenzio è grande”, lo spettacolo in scena al teatro Storchi fino a domenica 12 gennaio, realizzato da Alessandro Gassmann sul testo di Maurizio De Giovanni: l’idea complessiva della commedia che riesce a sorprendere, stupire, in fondo anche emozionare nel finale; la buona interpretazione di una compagnia ottimamente assortita, su cui primeggiano Massimiliano Gallo e Monica Nappo; la regia intelligente di Gassmann che lavora sui temi proposti dal testo drammatico riproponendo alcuni degli elementi ricorrenti nei suoi lavori, come l’acceso realismo o il velatino che si frappone tra scena e platea rendendo possibile una suggestiva proiezione di immagini che prendono vita fra il pubblico e gli attori.

Lo spettacolo, tuttavia, suscita pure alcune perplessità, dovute principalmente a un copione in alcune parti più letterario che drammaturgico.

Certo l’idea dell’autore è di sicuro spessore, ma nel suo sviluppo inciampa, in alcune scene, in dialoghi che non decollano come tali. A dire il vero, c’è anche una giustificazione interna all’opera, che si scopre alla fine, per cui questo non potrebbe accadere, ma questo non ne legittima totalmente la poca fluidità.

Ciò nonostante, lo spettacolo è di quelli che sanno coinvolgere il pubblico, che la sera della prima modenese ha premiato al termine la compagnia con lunghissimi e calorosi applausi, diremmo davvero meritati. Massimiliano Gallo interpreta un convincente scrittore di successo chiuso in modo quasi eremitico nella biblioteca ove concepisce ogni suo libro. Vive come se attorno a lui fosse tutto immobile; invece, ha una famiglia che soffre evidentemente della sua “assenza”, così come il mondo esterno procede noncurante di lui e finisce quasi per smarrirne il ricordo.

Su tutto ciò veglia una domestica a metà tra la fata e la servetta da commedia dell’arte che Monica Nappo restituisce con una intensità tutta partenopea. Il soggetto dello spettacolo tocca argomenti importanti: le complesse relazioni tra familiari, il rapporto con lo scorrere del tempo, il valore della casa quale nido, l’accettazione del diverso, la difficoltà di accettarsi per ciò che si è rispetto a quello che si vorrebbe essere.

Tutti temi toccati, piuttosto che analizzati, ma che inducono peraltro a parecchie riflessioni. Non sono quindi furbate strappalacrime i momenti di intensità emotiva che si creano nello sviluppo della trama, anche se probabilmente fissarne alcuni sottolineandoli con un faro e abbassando le luci intorno è la sola parte dello spettacolo che un po’ sconfina nel kitsch. Stefania Rocca e i giovani Paola Senatore e Jacopo Sorbini sono gli altri tre interpreti della commedia, alle prese con ruoli tutt’altro che semplici, in una situazione ove, si scopre poco alla volta, il silenzio diviene altro grande protagonista. Dentro questo silenzio ci sono molti degli incubi dell’esistenza, accanto però forse anche a tante risposte, alcune delle quali magari non si vorrebbero poi avere, soprattutto quando questo silenzio diventa troppo grande per chiunque.