Gazzetta di Modena

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Locanda del Feudo di Castelvetro, la cucina emiliana è nel dna

ARIANNA DE MICHELI
Locanda del Feudo di Castelvetro, la cucina emiliana è nel dna

Andrea e Roberto Rossi, anima e cuore della Locanda del Feudo di Castelvetro, «il nostro paese è uno scrigno di sapori da rivalutare». Un sorprendente boutique hotel ben presto entrato nel circuito Charme e Relax. Andrea, con un passato da barman, è il fratello maggiore.

07 maggio 2021
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CASTELVETRO «Nonna Lidia tutti giorni doveva mettere a tavola sei o sette persone quindi era diventata una cuoca molto in gamba. Ai tempi la bravura ai fornelli era dettata dalla necessità. Io e mio fratello Roberto siamo cresciuti con i suoi tortellini e le lasagne verdi, ogni pranzo era una festa.

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Solo una volta usciti dal “nido” abbiamo compreso che mangiare così bene era tutto fuorché scontato. Il nostro pensiero nel momento in cui ci siamo buttati in questa avventura? “Vogliamo ricreare la stessa atmosfera familiare riproponendo le ricette di casa”. Sì, senza dubbio la cucina emiliana è una questione di Dna. Noi siamo di Savignano sul Panaro ma il menù del ristorante contempla anche alcuni piatti reggiani, papà è infatti nato a Ligonchio.

Lui spesso cucinava il risotto alla parmigiana, risotto che ora proponiamo con l’aggiunta di aceto balsamico di Modena». Un menù a chilometro ridottissimo – «la maggior parte degli ingredienti arriva da piccoli produttori nel raggio di cinquanta chilometri» – con qualche incursione nel resto d’Italia, come nel caso del pastificio artigianale marchigiano Mancini.

Perché, come sostengono Andrea e Roberto Rossi, anima e cuore della Locanda del Feudo di Castelvetro, «il nostro paese è uno scrigno di sapori da rivalutare».

Ecco dunque in poche parole l’essenza di un ristorante che rappresenta il valore aggiunto di un sorprendente boutique hotel ben presto entrato nel circuito Charme e Relax. Andrea, con un passato da barman, è il fratello maggiore. Nasce come receptionist e si è fatto le ossa in diversi hotel pluristellati dove ha imparato che professionalità ed empatia vanno sempre di pari passo. Postilla: è anche sommelier. Il re della cucina, due forchette Michelin nella categoria “ristorante ameno e location di charme”, è invece Roberto, giovane chef con già molta esperienza sulle spalle.

Grazie alla sua capacità di portare alta la bandiera della tradizione senza rinunciare all’estro creativo contemporaneo, il minore dei fratelli Rossi ha infatti ricevuto diversi premi, in primis lo “Charme & Relax Awards per la cucina” . «Essendoci poca differenza d’età siamo sempre stati in competizione – racconta Andrea- discutiamo su tutto, niente tra di noi viene mai dato per scontato. Credo che, per quanto impegnativo, questo continuo confrontarsi sia anche positivo, ci dona molta energia». E occorrono quintali di energia per reggere con mano ferma le redini di un luogo magico, unico, preservandone l’incanto.

«Quando nel 2005 ho visto questo locale sono rimasto a bocca aperta. Ho pensato: “mamma mia, ma siamo sicuri?». Sino ad allora infatti avevamo lavorato entrambi come dipendenti. È stata nostra madre a spronarci, un amico le aveva detto che stavano cercando dei nuovi gestori. No, non è stata incoscienza giovanile, o forse soltanto in parte. La voglia di darsi da fare, di intraprendere strade nuove, è una peculiarità di famiglia. Il riscontro da parte dei clienti è stato immediato, in tutta onestà non me l’aspettavo.

La Locanda del Feudo è partita con due, quattro persone al giorno per poi raggiungere il tutto esaurito nei week end. Ma a quel punto ci siamo fermati a riflettere. Non era nostra intenzione puntare sui numeri bensì sulla qualità, quindi abbiamo deciso di ridurre i coperti. Molti turisti stranieri hanno chiesto a Roberto di insegnare loro a cucinare, a preparare la pasta fresca. Sono nati così i nostri corsi di cucina: Roberto alle prese con farina e uova, il sottoscritto nei panni di interprete».

Come ha reagito nonna Lidia all’impresa dei suoi nipoti? «Nel 2004 a nonna hanno diagnosticato un tumore, io e Roberto non lo sapevamo. È mancata proprio nel periodo in cui abbiamo aperto la Locanda. Non dimenticheremo mai le sue ultime parole: andate e fatevi onore». —