Gazzetta di Modena

L'intervista

Peng, un politico immaginario tanto simile ai personaggi attuali

di LAURA SOLIERI
Peng, un politico immaginario tanto simile  ai personaggi attuali

Modena Il regista Bisordi racconta lo spettacolo in scena allo Storchi

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Modena Da oggi (stasera e domani alle 20.30, sabato ore 19 e domenica ore 16) prosegue con “Peng” il percorso Le Passioni allo Storchi, cinque allestimenti che disegnano un filo rosso dedicato al Teatro delle Passioni. A ospitare lo spettacolo non sarà il ridotto del Teatro Storchi a Modena ma una gradinata con 50 posti costruita direttamente sul palcoscenico.

Peng è diretto da Giacomo Bisordi che abbiamo intervistato in anteprima, già assistente alla regia di Milo Rau, Peter Stein, Thomas Ostermeier e Gabriele Lavia, e si confronta qui con l’amara commedia scritta dal drammaturgo tedesco Marius Von Mayenburg nel 2017 per la Schaubühne di Berlino, subito dopo l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti d’America. Pensato come un adattamento alla realtà italiana grazie alla traduzione di Clelia Notarbartolo, l’allestimento è costruito come un documentario teatrale: un cinico giornalista/regista ci conduce in una sorta di reality surreale per seguire la vita di Ralf Peng. Figlio di una famiglia borghese benestante, è un bambino speciale, unico per intelligenza e determinazione: sul palcoscenico assistiamo a tutta la sua vita per arrivare all’appassionatissima campagna elettorale. Peng vive un’ascesa fulminea all’interno di una realtà e di una società che non riesce a opporsi, schiacciando ed eliminando tutto ciò che c’era prima di lui, che non lo ama incondizionatamente e che si rifiuta di dargli tutto il potere che esige.

Un personaggio controverso, metafora di tante cose: quali?

«In primis, di uomini politici che sono capaci di dare risposte estremamente semplici a problemi incredibilmente complessi. In realtà si tratta di una metafora composita, espressione di una serie di pulsioni che ognuno di noi ha represse dentro di sé e che in alcuni momenti, magari mentre siamo nella cabina elettorale, ci guidano nel modo sbagliato nel voto».

Che tipo di riflessione sul linguaggio intende aprire questo spettacolo?

«Per chi appartiene alla nuova generazione, spero sia uno spettacolo che promuova la capacità di capire qual è il linguaggio che ci è stato dato, con cui siamo stati educati a vivere e a parlare e come esso rappresenti qualcosa che può essere conquistato, governato e ripensato. Credo inoltre che Peng possa dare un contributo al nostro pensarci come cittadini responsabili di quello che è il nostro destino, come parte di una comunità e quindi del nostro vivere civile».

Un allestimento particolare, con una gradinata insolita: che ruolo gioca?

«La gradinata contribuisce a dare l’idea di questa sorta di set televisivo che racconta la storia di una famiglia che mette al mondo un bambino speciale. Il pubblico si sentirà così parte di una sorta di evento televisivo, di un reality show, oltre che dello spettacolo teatrale».

Per Mayenburg «il teatro dovrebbe essere un luogo in cui non sentirsi al sicuro» e Peng in effetti non ci farà sentire al sicuro, sempre metaforicamente parlando.

«Può capitare di ridere molto spesso durante questo spettacolo, risate controverse, perché ci si potrebbe trovare a ridere di qualcosa di cui vergognarsi poco dopo. In questa sensazione che ci riguarda tutti quanti, sta questa idea di insicurezza; la risata è sempre qualcosa che ci mette a nudo e ci potrà far scoprire di non essere esattamente a proprio agio con le nostre stesse idee». l