Gazzetta di Modena

L’incontro

Modena. Alla Tenda Pino Manzella racconta Peppino Impastato: «Un rivoluzionario giocoso e autoironico»

Maria Vittoria Scaglioni
Modena. Alla Tenda Pino Manzella racconta Peppino Impastato: «Un rivoluzionario giocoso e autoironico»

Alle 18 presentazione di “Peppino Impastato: la memoria difficile”

30 marzo 2023
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“Rivoluzionario e militante comunista assassinato dalla mafia democristiana”. Recita l’epitaffio inciso sulla tomba di Peppino Impastato; altro che semplice difensore della bellezza, come nel film “I Cento Passi”. Realtà e finzione però si confondono e l’icona cinematografica vince, riscrivendo la memoria collettiva. Peppino stava in mezzo alla gente, con la sua viscerale ironia, parlava di Marx e di capitalismo cambiando il modo di vedere il mondo di chi lo ascoltava, sebbene a volte fosse un “leader controvoglia”. Forse il film non può restituirci un ritratto fedele, ma la pluralità di voci di chi lo ha conosciuto, raccolte in “Peppino Impastato: la memoria difficile” a cura di Pino Manzella, sì. Oggi alle 18 alla Tenda interverranno il curatore del libro, la redattrice di Radio Aut Marcella Stagno e altri, con la moderazione di Marco Cugusi dell’associazione L’Asino che Vola, per far sì che il ricordo di Peppino sia sempre meno una “memoria difficile”.

Peppino umano, non eroe cinematografico: è questo il ritratto che cerca di restituire la raccolta di testimonianze?

Il film è stato determinante per far conoscere la storia di Peppino, ma la gente l’ha preso come un documentario. Questo libro esce dopo vari tentativi: ogni volta che tiravamo fuori l’idea o discutevamo qualche aspetto del film arrivava qualcuno a chiederci: “ma è sicuro che Peppino sia stato ucciso dalla mafia?”.

E l’impegno politico, collettivo?

Peppino ha fatto della politica la pratica totale della sua vita. Già questo contrasta con la famosa frase del film “Invece della coscienza politica, la lotta di classe, le manifestazioni e ste fesserie, bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza”. Peppino non l’avrebbe mai detto. Non era nemmeno figlio del partito comunista, come sembra nel film, ma del partito socialista (PSIUP) all’inizio e poi militante della sinistra extraparlamentare».

Peppino era ironico: dalla satira contro i potenti fino agli scherzi con gli amici; non solitario e tormentato.

«Era giocoso, ironico e autoironico, anche nel linguaggio: affibbiava nomignoli particolarmente azzeccati a tutti, perfino ai mafiosi».

E l’esperienza di Radio Aut?

«Anche qui ci troviamo davanti a una deformazione della realtà: almeno per me, il periodo più importante fu quello del Circolo Musica e Cultura, dove ci sono stati cineforum, convegni, rappresentazioni teatrali… Lì ci siamo formati politicamente e culturalmente. La Radio fece parte dell’ultimo periodo, con il successo di Onda Pazza a Mafiopoli, in cui Peppino prendeva in giro sindaci, amministrazioni e mafiosi, all’epoca un’assoluta novità».

“Quella notte buia” ritorna in tante testimonianze. Da allora cambiò tutto. Cosa ricorda di quei giorni?

«Io credo che Peppino sia stato ucciso perché era candidato alle elezioni e sarebbe potuto diventare consigliere comunale. A quel punto non avremmo più denunciato dall’esterno, ma direttamente dalle stanze del potere; invece i primi tempi Peppino fu considerato suicida, o autore d’un attentato andato male, mentre la sua morte veniva oscurata dal simultaneo ritrovamento di Aldo Moro. La “memoria difficile” è proprio questa: i primi anni abbiamo avuto difficoltà nell’organizzare le commemorazioni, in cui eravamo in pochi, e dopo il film nel cercare di raccontare il Peppino reale ormai quasi cancellato dall’icona cinematografica».