Modena. Potenza del caravaggista Brugghen con una pittura di vivo naturalismo
Alle Gallerie Estensi spazio alle opere dell’artista olandese, vissuto a Roma 10 anni
L’Italia ha sempre avuto un grande fascino per gli stranieri. Non solo per la buona borghesia ma anche per gli uomini di cultura. A questa seduzione non si è sottratto Hendrick ter Brugghen (1588-1629) , pittore olandese che nel nostro paese è stato a Roma dal 1605 circa al 1614. Una discreta fetta della sua vita, in quanto l’artista è morto a soli 41 anni. Una esperienza giovanile di fondamentale rilievo per Brugghen che ha guardato all’arte italiana e, in particolare, a quella di Caravaggio.
E quel suo lungo soggiorno viene ora indagato con la mostra “Ter Brugghen. Dall’Olanda all’Italia sulle orme di Caravaggio”, a cura di Federico Fischetti e Gianni Papi, da oggi alle Gallerie Estensi (Largo Porta Sant’Agostino 337) , dove sono esposte le opere appartenenti al periodo italiano che mettono in luce come l’olandese sia figura di spicco del naturalismo, di impianto caravaggesco.
«La mostra – evidenzia la direttrice delle Gallerie Estensi Martina Bagnoli – nasce da una intuizione di Fischetti per un dipinto “problematico” con attrizione, non affermata, a Serodine, da parte di Roberto Longhi. Il curatore ha iniziato un percorso di ricerca, dedicato anche al classicismo dell’Emilia Romagna che questa mostra porta alla luce, individuando una serie di problemi. Siano arrivati alla conclusione che il dipinto non poteva essere di Serodine».
Necessario l’intervento di Papi, tra i massimi esperti del Caravaggio, che ha attribuito il quadro “Santo scrivente”, delle Gallerie Estensi, all’artista olandese. «Ha preso così forma l’idea – continua la Bagnoli – di una mostra che indagasse il periodo italiano di Brugghen. Un periodo mai affrontato prima dalla critica, con opere che, nel tempo, hanno avuto attribuzioni diverse. La mostra porta delle novità, ma forse anche delle discussioni».
Così da oggi al 14 gennaio (da martedì a sabato 8. 30 – 19. 30; domeNica e festivi 10-18; ingresso 8 euro; 28 euro per il catalogo – Sagep Editori, sponsorizzato da Fondazione Banco S. Geminiano e S. Prospero) , il visitatore potrà stupirsi davanti ad opere, come “Negazione di Pietro”, Adorazione dei pastori, S. Giovanni Rvangelista, Santo Stefano, Ritratto di giovane (forse autoritratto) , S. Giovanni Battista, Cena di Emmaus, Pilato si lava le mani e Vocazione di S. Matteo.
«È una mostra che parla – spiega Fischetti – con una forza impressionante a chiunque. Un vera scoperta per la qualità del personaggio, ma anche per il dipinto, con una storia travagliata, autenticamente estense. Viene dagli anni d’oro della Corte di Francesco I: è un’opera che si accompagnava a tante altre naturalistiche di una corte che allora brillava tra quelle dell’Italia settentrionale. Il che spiega il motivo di questa mostra a Modena».
L’intervento di Papi chiarisce che la fase creativa italiana è per Brugghen diversa da quella olandese.
«I quadri realizzati in circa 10 anni in Italia sono di una potenza straordinaria. È una pittura di grande forza espressiva. C’è un periodo breve a Milano in cui l’artista ha collaborato con Procaccini, prima del viaggio di ritorno a Utrecht. In Olanda abbandona l’irruenza dello stile italiano che diventa più morbido, laccato, sofisticato».
Brugghen non è stato un isolato. E la mostra riserva una sala a dipinti di artisti coevi e vicini all’olandese. Dipinti formidabili che corrispondono agli anni successivi dell’abbandono (1606) di Roma da parte di Caravaggio: Ribera (Cristo fra i dottori) , Honthorst (Compianto sul Cristo morto) , Baburen (Cristo fra i dottori) , Procaccini (Abramo e i tre angeli) , Serodine (Derisione di Cristo; San Gerolamo) . Su questi intrecci e relazioni si è basato il sapiente eloquio di Vittorio Sgarbi che ha elogiato l’iniziativa e la Bagnoli che si congeda da Modena con un grande evento. «Quando a Bergamo, che non è l’Emilia Romagna, si troverà malissimo, può concorrere per il posto che le ho preparato io a Ferrara che con Modena avranno destini separati». Un benevolo sorriso del pubblico ma anche un grande applauso, agli inizi dell’incontro, quando la direttrice si è emozionata nel ricordare quelli che hanno collaborato con lei per otto anni. L’arte è fatta anche di umanità, di sentita partecipazione affettiva. Un bellissimo esempio per direttori “tuttologi” e presuntuosi che si considerano dei padreternil