Gazzetta di Modena

L'incontro

Modena. Travaglio racconta al Michelangelo i danni della politica alla nostra vita 

Modena. Travaglio racconta al Michelangelo i danni della politica alla nostra vita 

Il giornalista rilegge gli ultimi cinque anni in Italia

28 ottobre 2023
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Se si pensa all’avversario politico di Berlusconi alla mente balza subito il ricordo di Romano Prodi. Ma se, invece, ci si chiede quale sia, in termini assoluti, il personaggio pubblico che ha maggiormente osteggiato e criticato il “Cavaliere”, allora ecco che il nostro cervello proietta il nome di Marco Travaglio davanti a noi. Il direttore de Il Fatto Quotidiano sarà a Modena, ospite del teatro Michelangelo, domani sera per il monologo “I migliori danni della nostra vita”, già sold-out. L’obiettivo? Raccontare gli ultimi cinque anni della politica italiana in maniera differente, scavando e indagando i meandri della politica. E, come sempre, inevitabile partire da lui, da colui che, della politica di oggi, ne è, per molti versi, il creatore: Berlusconi o, come lo ha soprannominato il direttore de Il Fatto Quotidiano, B.

Travaglio, la storia politica italiana degli ultimi trent’anni è, come sottolineaste lei e Gomez nel libro “Inciucio”, padre e figlia di Berlusconi…

«Berlusconi è stato, nel 1994, figlio dell’opposizione e, aggiungo, l’opposizione figlia di Berlusconi. In quegli anni è nato un modo di fare politica solo ed esclusivamente italiano».

A Berlusconi ha dedicato tanti libri e da ultimo “Il santo”. Perché?

«Gli scopi sono diversi. Quelli ante mortem volevano raccontare gli autentici scandali che l’ex premier ha favorito e, molto spesso, messo nero su bianco con leggi. Oggi, invece, il tema è diverso: descrivere l’eredità di Berlusconi per comprendere, e magari arginare i cosiddetti “Berluscloni”».

Un esempio è Renzi?

«Sì, ma lui si mette un freno da solo. Voglio dire: tenta di essere il nuovo B. ma con scarsi risultati e, soprattutto, con molti meno voti. Berlusconi era amato da avversari e compagni di partito, Renzi è detestato da tutti». E pensare che però, di consenso, qualche anno fa ne ottenne parecchio… «Poi gli italiani capirono che tutte le misure proposte messe in atto da Renzi furono disastrose: Jobs Act, Buona scuola, e altre ancora».

Oggi vede qualcuno che si oppone a questo sistema, quello del berlusconismo, che pare, dalle sue parole, essere dominante?

«Senza ombra di dubbio il Movimento 5 Stelle. Sono riusciti, nell’arco di una decina di anni, a fare riflettere gran parte degli schieramenti politici e dei sostenitori degli stessi rompendo lo schema bipolarista».

Un esempio?

«Ne possiamo citare due. Il primo: il Pd di Elly Schlein. Alle ultime primarie elettori e iscritti Dem potevano scegliere tra un volto nuovo e diverso, che è quello che poi ha vinto, rappresentato dall’attuale segretaria, e, invece, Stefano Bonaccini, evidentemente parte di un sistema. Fortunatamente ad avere la meglio sono stati gli elettori, e non gli iscritti, che hanno compreso la necessità di un forte cambio di leadership».

Il secondo esempio?

«Può sembrare assurdo, ma in un certo senso è quello di Giorgia Meloni. La premier si è istituzionalizzata appena ha assunto la carica di Presidente del Consiglio, ma è sempre stata una figura particolarmente antisistema, almeno prima di arrivare a Palazzo Chigi».

Come se la passa la Rai?

«Direi male. Breve excursus: Berlusconi scende in politica, Mediaset e servizio pubblico si dividono audience e, di conseguenza, denaro. Tradotto, la Rai risponde agli ordini della politica. Oggi siamo all’apoteosi di un processo che, salvo rare eccezioni, ha tenuto banco almeno dal 1994. Avanti popolo è l’unico talk politico del servizio pubblico in prima serata. Programma che, però, nessuno guarda. I risultati si stanno vedendo».

Poi lei spesso richiama al conflitto di interessi…

«Anche questa è un’eredità politica lasciata a noi da Berlusconi. Il caso Santanché ne è un emblema: i giornaloni scrivono che la Meloni si dissocia ma lei, in pubblico, mai lo ammette; poi la ministra va a riferire, parlando di fuffa, in parlamento; e, infine, tutto si dimentica».

Conserva qualche ricordo di Berlusconi?

«Lo vidi una sola volta nella famosa trasmissione di Santoro, quella in cui B. pulì la sedia su cui prima mi ero seduto io. Poi mi inviò, tramite Francesca Pascale, un libro con dedica in cui sosteneva che entrambi, seppure da poli differenti, stavamo lottando per la libertà. Ma morì tutto sul nascere, non avrei mai potuto lavorare per un uomo politico che non rispetta la legge».

Marco Travaglio sarebbe stato questo Marco Travaglio senza Berlusconi?

«Credo di sì. Io mi occupavo, e lo faccio tutt’ora, di cronaca politica e giudiziaria. Lui è stato, per trent’anni, il protagonista in questi due settori. E io, dalla mia, sono stato uno dei pochi a criticarlo. Ma avrei fatto lo stesso con chiunque altro, come peraltro successo».