Gazzetta di Modena

Teatro

«Misery non deve ancora morire. Con lei si tiene viva la fantasia»

«Misery non deve ancora morire. Con lei si tiene viva la fantasia»

La stagione del Mac Mazzieri di Pavullo parte stasera all’insegna di King

14 novembre 2023
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Pavullo La stagione del teatro Mac Mazzieri di Pavullo inizia stasera, per Ater Fondazione, «con una grande opera sul potere magico della narrazione», come sottolinea il regista Filippo Dini.

È “Misery”, tratta dal celebre romanzo di Stephen King trasformato in sceneggiatura per il cinema dal drammaturgo William Goldman, con il celebre film del 1990 che valse l’Oscar a Kathy Bates proprio per il personaggio dal titolo. Ovvero, l’infermiera disturbata Annie Wilkes, che soccorre dopo un incidente lo scrittore di best seller Paul Sheldon (Aldo Ottobrino) e lo tortura per convincerlo a riscrivere l’ultimo romanzo: Misery, l’eroina della saga, non deve morire. «Annie è l’esasperazione del desiderio e dell’amore per l’arte» spiega Dini, che porterà poi in scena lo spettacolo anche a Concordia il 1° dicembre. Nei panni dello sceriffo, Carlo Orlando.

Scommegna, come cambia la storia dal film alla trasposizione teatrale?

«Rispetto alla chiave horror del film, qui c’è un accento più puntato sull’ironia. Ma come nel romanzo, qui c’è anche una forte componente psicologica. Misery è anche una profonda indagine psicologica fatta da King dentro di sé, tra la figura del creatore e il suo lato creativo, quell’anima che lo spinge a continuare a raccontare. Annie è quella parte di lui che lo obbliga a stare chiuso per ore in camera a scrivere, ad aggiungere pagine alla storia».

Com’è stato calarsi in un personaggio così?

«Dare voce, corpo e anima a quello che può essere letto come l’atto creativo, è stato molto emozionante. Mi sono affezionata a questa creatura come se fosse uno spiritello, anche giocoso e infantile. Questa Annie infatti ha tante sfaccettature: in ogni scena si presenta con uno stato emotivo diverso, è continuamente sorprendente. Sa anche essere crudele ovviamente, perché non si può sfuggire all’ambientazione horror. C’è un’iterazione intensa con Aldo Ottobrino, del resto quando devi fare scene dove torturi un collega, se non c’è una forte intesa finisce male... Siamo stati capaci di avvicinarci l’uno all’altro con dolcezza, ma anche grande forza».

Lo spettacolo ha debuttato a Parma nell’ottobre 2019 e ha girato l’Italia: come vive adesso il passaggio in un teatro di provincia?

«L’Italia è fatta di provincia, siamo molto contenti di poterci esibire anche in un piccolo centro come Pavullo che tiene in vita un luogo così importante come il teatro. Il teatro è un posto speciale: è dove per due ore devi spegnere il cellulare per incontrare esseri umani che parlano di umanità. Solo se ti disconnetti puoi lasciare andare la fantasia, questa cosa preziosissima, oggi più che mai con quello che succede per il mondo».

Perché?

«Poter immaginare una realtà diversa in tempi difficili, di guerra, è un grande esercizio salvifico. Non un fuggire dalla realtà, ma il sapere che può esserci anche una realtà diversa. È il tenere viva la speranza in una realtà diversa. E la speranza deve rimanere, nonostante tutte le mostruosità che può compiere l’uomo. Ecco l’importanza di mantenere vivi anche in provincia questi luoghi, che ti ricordano che il viaggiare con la mente è una cosa preziosa. Se puoi lasciarti trasportare da una storia, puoi anche credere, e lavorare, per un domani migliore».