Gazzetta di Modena

L’intervista

Modena. Allo Storchi il recital anti-violenza: «L’educazione è la prima arma»

Maria Vittoria Scaglioni
Modena. Allo Storchi il recital anti-violenza: «L’educazione è la prima arma»

Lo spettacolo “Sii dolce con me, sii gentile” tra versi e riflessione

24 novembre 2023
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Si intitola “Sii dolce con me. Sii gentile” il recital poetico che l’artista e attrice Mariangela Gualtieri tiene al teatro Storchi di Modena sabato 25 novembre alle 19, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Uno spettacolo che è un “rito sonoro” di poesie d’amore (per lui, per lei, per il mondo) che però hanno sullo sfondo la tragedia di una violenza che continua a ripetersi. E ci saranno anche versi “severi”, di recente scrittura, contro il tempo di oggi che fraintende la parola amore e che schiaccia le donne in Italia e in tante parti del mondo. Un recital che, mai come in questi giorni, assume una valenza importante che mira a rilanciare l’esigenza di una nuova forma di relazione tra uomo e donna. Una necessità dell’educazione; ma ancora di più la necessità dell’arte, di un rovesciamento estetico: non è affascinante nè forte l’uomo che parla con i pugni e le botte. È debole, insicuro, poco umano. Dall’altra parte valorizzare la dolcezza, la gentilezza come vera virilità, quella di un uomo abbastanza saldo da poter essere buono. Perché la bontà è la scelta più difficile, è vera forza. Mariangela Gualtieri, poetessa che ha toccato questioni materiche passando per l’infinitamente piccolo, dalla zampa all’osso alla tana, ogni verso come un reperto in una camera delle meraviglie, incarnerà la poesia d’amore, in un “rito sonoro” che possa coprire il tonfo sordo della violenza. Lo spettacolo è a ingresso gratuito (su prenotazione in biglietteria o al numero 059 2136021).

Come si fa parlare di violenza con parole dell’amore?

« Alla violenza, così come alla guerra, bisogna opporsi praticando le virtù contrarie. È Simone Weil a dirlo e io le credo. L’amore è sicuramente dalla parte opposta alla violenza, anche se qualcuno chiama amore qualcosa che non è amore e in nome di quello compie atti violenti. In questo rito sonoro ci saranno parole d’amore ma anche passaggi severi, perché il momento è grave e serve anche un certo scuotimento».

“Sii dolce con me, sii gentile” è il titolo di questa lettura, ma è anche una delle poesie raccolte in “Bestia di gioia”. Che nuovo significato assumeranno questi versi, intrecciati al tema doloroso della violenza?

«Ai sentimenti ci si educa. Non nasciamo capaci di comprensione o gratitudine, dobbiamo imparare il miglior modo di entrare in relazione con gli altri. L’esortazione alla gentilezza fa parte degli innumerevoli atti educativi che ci portano alla maturità amorosa. Penso che la poesia possa avere anche una funzione esortativa, illuminante e dunque la pratico».

Quanto conta lo sguardo femminile, se c’è, nella sua poesia?

«Questa domanda mi inquieta sempre perché la risposta è contraddittoria: non conta e conta, come se fossimo in un ordine di grandezze al di fuori della dualità. Non conta perché l’ispirazione poetica pare pescare in una profondità che sta prima del genere, lì dove ancora non siamo connotati, né da un nome né da un genere. Ma è anche vero che conta perché nel suo passare dalla mano, dal corpo, incontra nel mio caso un corpo femminile che dunque la impregna di sé».

Come si esprime il terribile ritmo (e soprattutto il silenzio) della violenza?

«Penso sarebbe necessaria una completa azione scenica, per esprimere teatralmente ritmo e silenzio della violenza, con una regia e altri interpreti appropriati e tutti i mezzi della scrittura di scena. Io mi limito qui a dare voce ai versi, in quello che mi piace chiamare un Rito sonoro, cioè qualcosa che si attua anche grazie alla partecipazione silenziosa ma intensa dei presenti. Un evento teatrale, questo mio, che riguarda soprattutto la voce e la parola e coinvolge pienamente il corpo ma nella sua presenza quasi estatica, immobile».

Nella sua poesia riecheggia la lirica greca e le api di Aristeo, la poesia medievale e del futuro, che va dagli insetti al cosmo. Può salvarci tanta bellezza?

«Vorrei dire di sì, affermare insieme a Dostoevskij che la bellezza ci salverà. Tuttavia i fatti di questi giorni e la violenza di questo tempo mi fanno pensare che ci vogliono occhi educati a vedere la bellezza e capaci di innamorarsene. Soprattutto mi pare ci sia una fragilità psichica che impedisce non solo di vedere la bellezza, ma ancor prima non riesce a dare valore all’altro da sé, all’altra e vederli col giusto rispetto».