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Magone, il sentimento blues che parla di nostalgia e tristezza

Cristiana Minelli
Magone, il sentimento blues che parla di nostalgia e tristezza

L’ultimo libro di Roberto Franchini racconta quel brivido di malinconia. La presentazione alla libreria Ubik di Modena sabato 13 aprile alle 18

29 marzo 2024
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Si dice magone e si pensa al ventriglio degli uccelli – quello che il macellaio agita davanti al cliente in procinto di cucinare – ma può essere anche una regione dello stomaco, per così dire, del terzo tipo, un sentimento profondamente blues. Che in questa terra del rock, del jazz e del belcanto, si crede – o si pretende che sia – a denominazione di origine controllata.

Ma anche così, per quanto l’uso del termine da queste parti sia familiare, non è del tutto esatto. Perché, scrive Roberto Franchini, autore de «Magone. Declinazioni di uno stato d'animo» (124 pagine, 13 euro, Oligo editore) «quella tristezza che non va né su né giù e blocca il respiro – è una parola utilizzata soprattutto nel nord Italia che ha trovato ospitalità nei libri di Teofilo Folengo e Dario Fo, Giorgio Bassani e Alberto Bevilacqua, Antonio Delfini e Gianni Celati, Pier Vittorio Tondelli e Maurizio Cucchi».

Un fraseggio del cuore che va a braccetto con «lo spleen cantato da Baudelaire», fino al fado di José Saramago e alla samba di Vinicius de Moraes.

In attesa della presentazione del libro, la prima modenese alla libreria Ubik di via dei Tintori sabato 13 aprile alle 18, moderatore lo scrittore Roberto Barbolini, abbiamo chiesto a Roberto Franchini, giornalista, scrittore e saggista, il magone, cos’è?

«L’organo, sia fisico che immaginario, nel quale si depositano le tristezze, gli affanni, i dolori. Un malessere psichico, un disagio quasi fisico. È il brivido di malinconia che ci prende quando pensiamo ad una persona lontana, ascoltiamo una canzone che ci ricorda un momento di felicità e la persona che era con noi, o ripensiamo ad un viaggio, ad un film, anche ad un libro. Il magone è parente stretto della malinconia».

Perché, da scrittore, andar per crucci?

«La mia ricerca è partita molti anni fa, leggendo per caso in sequenza Tondelli e Delfini, poi Cucchi, ascoltando Guccini e il fado. Pensai ad un sentimento così profondo e singolare, quasi un elemento identitario di noi emiliani, che aveva molti fratelli e sorelle nel mondo, e che era ben presente, pur con mille sfumature, in tanti paesi, in ognuno dei quali ha un nome differente e sempre intraducibile. Perciò ebbi una idea sciocca, ma utile: proporre un festival del magone al quale invitare i musicisti portoghesi di fado, i bluesman americani, gli artisti del tango argentino, i sambisti brasiliani. Presidente onorario: Francesco Guccini».

Per gli emiliani è un tutt’uno con la nebbia…

«Qui appare nelle giornate di nebbia, quando d’autunno comincia a piovere con lentezza costante, si è lontani da casa e ci si sente improvvisamente soli. Ma ci può prendere alla gola anche in auto, da soli, di notte, sulla via Emilia, mentre percorriamo circonvallazioni tutte uguali segnate dal cartello stradale che ci indica: Tutte le direzioni»

Il magone degli scrittori di casa nostra…

«Antonio Delfini, Pier Vittorio Tondelli e Gianni Celati (un emiliano acquisito e conquistato), ma anche Daniele Benati, sono scrittori della nostalgia: dell’infanzia, della città e dei luoghi che non sono più e che non sai come saranno, nostalgia di quando si era felici un tempo, o, almeno si era in fiduciosa attesa di una qualche felicità personale. In Delfini e Tondelli si rinnova il magone del viaggio, che non è quello dei migranti di tutto il mondo, ma lo sradicamento di chi fatica a trovarsi a casa nel mondo, che vuole andarsene dal paesello perché troppo piccolo, ma che vuole sempre farvi ritorno perché è il luogo della ricordata felicità dell’infanzia».

Rimedi (alla modenese) contro il magone?

«Trovato il male, gli emiliani hanno trovato anche il rimedio: il lambrusco. E poi la tavola dei cibi grassi, quasi un corpo a corpo con le nostra interiora, come ha scritto Roberto Barbolini. Una buona maniera per sistemare ciò che ci sta sullo stomaco».

Roberto Franchini, già direttore dell’Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna, presidente della Fondazione Collegio San Carlo di Modena e del Festivalfilosofia, di recente ha pubblicato «Il secolo dell’orso» (Bompiani), «Prigioniero degli altipiani» (La nave di Teseo) e «L’Ultima nota. Musica e musicisti nei lager nazisti» (Marietti 1820).