Michele Bravi in concerto allo Storchi: «Canto a teatro la mia musica in cerca di poesia»
“Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi tour”, che alle 21 di oggi fa tappa a Modena, è un viaggio tra i successi vecchi e nuovi dell’artista
MODENA. Alle 21 di oggi, venerdì 11 ottobre, Michele Bravi fa tappa al teatro Storchi di Modena con il suo percorso musicale tra figure retoriche e immaginazione “Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi tour”.
Cantautore, scrittore e attore classe 1994, nonostante la giovane età, Bravi ha già collezionato due partecipazioni al Festival di Sanremo, nel 2017 con il brano “Il Diario degli Errori” (doppio disco di platino) e nel 2022 con “Inverno dei fiori” (disco d’oro), la pubblicazione, per Mondadori, del libro “Nella vita degli altri” e quattro album in studio. È uno dei protagonisti di “Amanda”, film di Carolina Cavalli presentato alla 79ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia nella sezione “Orizzonti Extra”. Dopo aver dato voce alla versione italiana di "Remember me” in Coco, scrive e interpreta il brano portante della colonna sonora di “Strange World”, 61º lungometraggio Disney.
Questo suo tour nei teatri, che prende il nome dall'album, è prodotto e distribuito da Vivo Concerti, e da settembre sta toccando alcuni dei teatri più belli d'Italia con la direzione musicale di Carlo Di Francesco. Michele Bravi insieme al suo pubblico racconterà attraverso la musica il viaggio introspettivo già disegnato nell’album e il teatro è lo sfondo di questo percorso dal vivo. È Michele a guidare il pubblico in un viaggio sonoro delicato e intenso tra presente e passato del suo repertorio, un invito per gli spettatori a chiudere gli occhi e celebrare ciò che si vede.
Bravi, cosa vede lei quando chiude gli occhi o cosa spera di vedere, magari cercando riparo dalla realtà attraverso l’immaginazione?
«Di base ho una visione molto positiva delle cose e la scrittura è un modo per capire, per tradurre la realtà. Ognuno ha il suo modo di farlo, il mio è con la scrittura perché di base sono molto goffo nella vita e questo mi serve per archiviare quello che va nell’inconscio e quello che non ci va. Questo disco, e di conseguenza lo spettacolo, riflettono sul modo con cui le persone traducono le situazioni, la realtà che sta intorno, la vita. Dal vivo, tutto questo si traduce in un invito al pubblico a dire: ma voi, come la percepite questa cosa che sto cantando, raccontando, interpretando? E ognuno ci attacca sopra i propri pezzettini di vita».
Poi c’è la dimensione del teatro, che amplifica ogni cosa.
«Ho sempre avuto un pubblico molto partecipe dal vivo, e il teatro ti porta - sia tu come interprete che il pubblico - in una dimensione di ascolto diversa. Il fatto, poi, che ci sia dietro un percorso tramite cui il pubblico è stato piano piano introdotto al linguaggio teatrale, alla prosa, alla narrativa che nel teatro può vivere insieme alle canzoni, ci ha portato a fare questo spettacolo che ha un gran bel riscontro. Sono tanto grato come artista».
Con la sua scrittura introspettiva esplora l’intimità a 360°. C’è una parola che la guida più di tutte in questo suo viaggio interiore continuo?
«Una in particolare: poesia. Siamo abituati a viverla come insegnamento scolastico e banalmente perdiamo il motivo per cui nasce. La poesia nasce per essere usata tutti i giorni, come un pacchetto di sigarette, di fazzoletti…Questo disco e questo spettacolo esplorano questo: perché il linguaggio poetico è così importante? Perché è importante che ognuno tiri fuori a suo modo la propria poesia interiore, che poi è il modo in cui guardiamo il mondo. La scrittura diventa per me una scusa per farlo. Questo spettacolo è dedicato a tutte le persone che si sono dimenticate di essere poetiche».
Per ricordarsi della poesia, la paura e la speranza, nella vita, che ruolo giocano?
«Di base sono una persona che gioca molto a fare il timido, lo sono nella vita ma più che timidezza è goffaggine, ed è difficile che la paura mi limiti. Essa è sana nella misura in cui ti mette in guardia, non lo è quando ti frena rispetto al tuo obiettivo e la tua volontà. È giusto provarla in maniera sana e non in maniera debilitante, frenante. Questo è un lavoro che va fatto tutti i giorni con se stessi, ed è un discorso che vale al contrario anche per la speranza: la speranza che ti fa costruire quello che sai che puoi costruire va tenuta stretta; quella che sfocia in ambizione insensata invece è spaventosa, perché diventa egomania».
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