Battiston porta in scena i monologhi di Dovlatov
Lo spettacolo teatrale “La valigia” si terrà sabato 16 a Carpi, martedì 19 e mercoledì 20 a Modena
MODENA. Giuseppe Battiston è il protagonista de “La valigia” (In viaggio con Dovlatov. Un torero squalificato), monologo tratto dall’omonima raccolta di racconti di Sergej Dovlatov, adattata dallo stesso Battiston e da Paola Rota, anche regista, con la traduzione di Laura Salmon. L'attore friulano ha in programma due appuntamenti nella nostra provincia in pochi giorni: il 16 novembre (alle 21) sarà al teatro Comunale di Carpi e martedì 19 e mercoledì 20 (alle 21) al teatro Michelangelo di Modena. Scrittore, giornalista e reporter per «The New American», giornale di emigrati ebrei in lingua russa, morto in esilio negli Stati Uniti poco dopo la caduta del regime sovietico, Dovlatov raccoglie nella Valigia tutti gli oggetti che porta via quando decide di lasciare per sempre la sua Leningrado: a ogni oggetto corrisponde un episodio e un personaggio della sua vita vagabonda. Lo spettacolo si articola in un continuo andirivieni tra presente e passato, usando come dispositivo di racconto uno studio radiofonico, attingendo alla storia di Dovlatov. Ne nasce una carrellata di personaggi, quasi fantasmi, che riemergono da una memoria tanto lontana quanto vivida: uomini e donne raccontati con i filtri della distorsione e della comicità. Sono figure e storie piene di amore, con una nota nostalgica che cerca di evitare, però, la tristezza. Infatti, come Dovlatov, sono sempre in contrasto con il mondo e la vita, riuscendo a cogliere il lato umoristico nella drammaticità grottesca. «È un microcosmo variegato tanto realista quanto malconcio, ma sempre – afferma Giuseppe Battiston – estremamente poetico nelle sue rappresentazioni. Sono i reietti, i poveri, i delinquenti, le carogne, come le chiama Dovlatov, da cui l’autore è irresistibilmente attratto. E non è l’unico perché questi personaggi affascinano anche a me».
Come è nata l'idea di portare a teatro questo lavoro?
«Principalmente è un atto d'amore verso lo scrittore. Mi hanno sempre appassionato i suoi romanzi, i suoi racconti e mi è venuta l'idea di portarlo in scena e mi sono focalizzato sulla Valigia. Insieme alla regista Paola Rota mi sono concentrato sulla drammaturgia, ed abbiamo intrapreso questo viaggio. Non è uno spettacolo che parla solo di Dovlatov ma si rivolge a tutti perché tocca temi che riguardano la collettività. Tutti noi abbiamo affrontato delle partenze, abbiamo lasciato qualche cosa. Ciò che emerge è un viaggio intimo e universale, che invita a riflettere sui valori umani e sulla loro esistenza al di fuori delle convenzioni sociali».
Sono storie paradossali ma anche ricordi teneri.
«Tutto è pervaso da un profondo sentimento di nostalgia verso un mondo, una realtà che non esistono più e che facevano parte della vita di Dovlatov. Lui emigra per cercare una libertà e, quando la conquista, si accorge che è solo fittizia e allora ritorna con la mente al passato. Gli oggetti diventano simboli potenti della nostra emigrazione, non solo fisica ma anche emotiva, dal passato e dalle persone che abbiamo conosciuto. La valigia dimenticata che salta fuori dall’armadio rappresenta il mistero di ciò che contiene, ma anche il potere evocativo degli oggetti».
Se lei dovesse partire per un lungo viaggiocosa metterebbe nella valigia?
«Nessuno mi ha mai fatto questa domanda. Nella valigia metterei sicuramente le persone che amo. Gli affetti ci tengono legati al passato e ci fanno coraggio per il presente».
Anche la scenografia è ridotta all'essenziale.
«La scena è stata studiata da Nicolas Bovery. C'è un'idea di spazio che è solo metafisico e non realistico dove Dovlatov si muove in una sorte di programma radiofonico e si collega con il mondo lontano ma arriva a parlare anche a noi».
Per lei non solo teatro ma anche cinema e televisione. Attualmente va in onda su Rai2 il mercoledì sera, “Stucky”, dove interpreta un commissario del passato che usa ancora i pizzini per prendere appunti. «Mi sono divertito tantissimo sul set. Anche questo personaggio nasce da un atto d'amore perché avevo fatto, diversi anni fa, un film che si intitolava “Finché c'è prosecco c'è speranza” di Antonio Padovan, dove compariva per la prima volta questo ispettore. Me ne sono innamorato, ho acquisto i diritti, e ora è in onda grazie a Rai Fiction».l
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