Gazzetta di Modena

La storia

Da Savignano a Sanremo con Lucio Corsi: l’avventura del dottor Marco Ballestri

di Mattia Vernelli

	Il dottor Ballestri con Lucio Corsi
Il dottor Ballestri con Lucio Corsi

Il medico è stato chiamato dal cantautore toscano come tecnico specializzato a predisporre la chitarra speciale Wandrè, di cui entrambi sono grandi appassionati: «L’incontro è avvenuto diversi anni fa in occasione di un evento musicale. Lucio è educato, dolce e ha una cultura incredibile»

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SAVIGNANO. «Lucio Corsi è una delle persone più intriganti che io abbia mai conosciuto. È stato un piacere avere contribuito alla sua performance di Sanremo, è stata un’esperienza che mi porterò dentro per tutta la vita». Il savignanese Marco Ballestri è medico di professione ma la settimana scorsa era a Sanremo dietro alle quinte del Festival.

A Sanremo con la chitarra Wandrè

Il perché ce lo spiega con una gioia genuina figlia di un’insaziabile passione: «Qualcuno avrà notato che Lucio Corsi si è esibito nella finale con una chitarra davvero particolare. Si tratta di una Wandrè, un vero e proprio pezzo d’arte che prende il nome dal suo ideatore, Antonio Vandrè Pioli, un liutaio di Reggio Emilia che negli anni ’60 aprì un’azienda di produzione di chitarre uniche nel suo genere. Per lui lo strumento doveva essere una “scultura fruibile per la musica”: da una ventina di anni ne sono un appassionato e faccio parte dei “partigiani di Wandré”. Ci occupiamo di divulgazione e organizzazione di mostre. In circolazione ce ne sono 50mila, che possono apparire molte, ma in realtà, nel mercato degli strumenti musicali, è un numero esiguo. In Italia sono praticamente sconosciute, ma all’estero, specialmente negli Stati Uniti, ne vanno matti».

L’incontro con Lucio Corsi e la stima

Mosso dalla grande passione, il dottor Ballestri è diventato un massimo esperto di queste particolari chitarre, fino ad essere chiamato nei backstage dell’Ariston. «L’incontro con Lucio Corsi è avvenuto diversi anni fa, in occasione di un evento musicale. Lui è rimasto ammaliato dalle Wandré ed è stata subito sintonia. Voleva suonarne una in un concerto, così siamo riamasti in contatto. Sanremo è stata l’occasione giusta, e così sono stato chiamato come tecnico. Sono chitarre con attacchi non convenzionali, servono cavi di raccordo particolari, e così ho aiutato nella predisposizione dello strumento e nel controllo del suono, per assicurarci che tutto filasse liscio. Lucio ha un’educazione incredibile, è estremamente dolce e ha una cultura di spessore. È anche molto umile: queste caratteristiche messe insieme fanno di lui un personaggio affascinante. Forse qualcuno l’ha scoperto nel Festival, ma sono quindici anni che lavora, e ha fatto album strepitosi. I suoi testi sono molto belli, tratta con delicatezza temi forti, usa un’ironia intelligente e garbata. È anche molto introspettivo, dietro a ogni sua strofa c’è un universo di significati, le sue canzoni vanno ascoltate e riascoltate. Pensa e analizza molto, ha una profondità d’animo notevole, e esprime le emozioni in modo garbato ma incisivo. Ha un genere che richiama molto il glam rock di David Bowie, e la Wandré si sposa perfettamente con questo stile, per essere uno strumento quasi marziano, una protesi spettacolare del corpo. La chitarra di sabato, se osservata con attenzione, ricorda una donna in bikini. Che emozione vedere Lucio suonare quel pezzo d’arte».

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