“Potevo essere io”, anche un manuale può salvare le donne dalla violenza: «Ecco 10 regole»
La guida dell’ex sindacalista Roberta Roncone, oggi attivista e formatrice sui temi della violenza di genere e dell’educazione affettiva, per aiutare a riconoscere se qualcosa non va: «Proteggersi significa capire i segnali d’allarme, sapere come muoversi, a chi rivolgersi e rafforzare l’autostima»
MODENA. Un manuale pensato per aiutare a riconoscere i segnali della violenza di genere, per proteggersi e agire per tempo. È appena uscito “Potevo essere io: 10 regole per salvarci la vita” della modenese Roberta Roncone, ex sindacalista, oggi attivista e formatrice sui temi della violenza di genere e dell’educazione affettiva, disponibile online su Amazon in versione cartacea ed e-book, un viaggio tra storie vere, consigli pratici ed esercizi di autovalutazione che possono fare la differenza.
Roncone, questo libro è strettamente collegato ad un’attività di racconto di storie e di supporto a vittime di violenza che svolge dal 2023 su Instagram tramite la pagina “Potevo essere io”, con oltre 9500 follower. Quando si dice il potere positivo dei social…
«L’idea della pagina Instagram @potevo_essere_io è nata come spazio di ascolto e condivisione di storie di persone che hanno subìto violenza di genere in tutte le sue forme. Spesso se ne parla solo quando una donna viene uccisa, io volevo dar voce alle tante di noi che ci sono ancora. Fin dall’inizio sono stata letteralmente sommersa di storie, ne ricevo ogni giorno, ne ho pubblicate oltre 400. Molte persone mi scrivono per capire se la loro relazione è pericolosa, per sapere a chi rivolgersi o anche solo per sentirsi comprese. A volte mi scrivono anche familiari o amici preoccupati. In poco tempo la pagina si è trasformata in una comunità di supporto. Oggi collaboro con una psicoterapeuta con la quale coordiniamo gruppi di automutuoaiuto on line per vittime e con una consulente legale. Tutti i nostri servizi sono gratuiti».
Un manuale, una guida per proteggersi. Da cosa esattamente? E come?
«È un manuale pratico, pensato per aiutare a riconoscere e prevenire la violenza di genere. Proteggersi significa innanzitutto capire i segnali d’allarme, sapere come muoversi, a chi rivolgersi, ma anche rafforzare la propria autostima e indipendenza. Spesso la violenza non si manifesta subito con un’aggressione fisica: inizia con il controllo, con la svalutazione, con piccoli gesti che sembrano innocui ma che col tempo diventano una prigione. Il libro fornisce esempi e strumenti concreti ed esercizi di autovalutazione per non cadere in questa trappola o per uscirne, se ci si è già dentro».
Di queste 10 regole, ce ne può dire qualcuna?
«La prima è “Fidati del tuo istinto”. Quando si parla di violenza di genere raramente si pone l’accento sul nostro “superpotere”, su quella sensazione di disagio e di pericolo che ci scatta in modo anche irrazionale quando percepiamo qualcosa di strano. Molto spesso non seguiamo l’istinto, ma ci può davvero salvare la vita. Un’altra “regola” a cui tengo molto è “Impara a dire di no”: nelle relazioni affettive, ma lo stesso discorso si può estendere ai rapporti familiari o di lavoro. Saper difendere i propri spazi emotivi e personali è fondamentale per vivere nel rispetto e nella libertà».
Cosa continuano a sottovalutare ancora, purtroppo, troppe donne, dei segnali della violenza di genere?
«Troppe persone, soprattutto troppe donne, sottovalutano la violenza psicologica, pensando che, se non ci sono schiaffi o lividi, non sia poi così grave. Ma le parole e i comportamenti abusanti possono ferire quanto le mani, e spesso sono il preludio di qualcosa di peggiore. Mi scrivono ragazze che mi chiedono se quello che stanno vivendo sia violenza, donne che non riescono a lasciare il partner perché ne dipendono economicamente, madri che hanno paura per i loro figli. E poi ci sono anche uomini vittime di violenza, che spesso faticano ancora di più a parlarne per via degli stereotipi sociali. La violenza di genere può colpire tanti gruppi sociali, ma le donne restano il gruppo più esposto. Il bisogno di aiuto è enorme, e il primo passo è sempre ascoltare, credere alle vittime e metterle a proprio agio nel raccontare ciò che stanno vivendo. E investire moltissimo nell’educazione affettiva e sessuale, sia dei bambini che degli adulti, perché spesso la diseducazione emotiva è la causa di tante violenze».
Sabato è l’8 marzo: questa Festa oggi che senso deve avere?
«Penso che oggi più che mai l’8 marzo non debba essere una “festa”, come un San Valentino qualsiasi. Perché non è mai stata una festa, è sempre stata una lotta. Alle donne non servono fiori o auguri, servono diritti, giustizia, servizi, parità di opportunità soprattutto nei luoghi in cui si decide, che sia una azienda o in politica».