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Via al tour

Vasco torna a ruggire negli stadi: «Mai come ora celebriamo la vita»

di Andrea Marini

	Il concerto di Vasco a Torino
Il concerto di Vasco a Torino

Il rocker di Zocca apre la stagione dei live a Torino con 72mila fan: «Voglio portare un po’ di luce cantando di noi, delle nostre sfide quotidiane»

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TORINO. Complicata, ostinata, fiera e meravigliosa. Ma soprattutto da vivere pienamente, intensamente a tutti i costi e... senza rimpianto. È la vita, le nostre vite, quelle che Vasco Rossi ha deciso di celebrare quest’anno in un “concept concerto” in cui tutte le canzoni proposte parlano della vita vissuta, in ogni aspetto, tra vittorie e sconfitte, in una sorta di transfer diretto tra il rocker e il suo pubblico. Lo si capisce in apertura dello show, da quella scritta a led “IONOI” che campeggia sul maxi schermo intervallata dai volti dei fans di Vasco; le “fotografie di vita” scelte a fare da contorno all’esecuzione integrale di Vita Spericolata, da anni “relegata” ad “assaggio” in Medley con “Canzone” tra gli immancabili bis di fine concerto. Questa volta è portata alla ribalta come “canzone manifesto” di una scaletta che punta sulle emozioni, sui temi esistenziali: amore, morte, libertà, ricerca di un senso. E non a caso il ritornello si trasforma da “Voglio una vita spericolata”, a «Noi siamo la vita spericolata. Noi siamo una vita complicata».

Un inno alla vita

«Era l’anno giusto per fare questo - ci ha confidato Vasco poco prima di salire sul palco - viviamo tempi oscuri, di odio di pregiudizi, guerre. Per questo grido “Evviva la vita!”. In tutte le sue forme. Parto con “Vita spericolata” perché è l’inno alla vita vissuta intensamente, la voglio riprendere nel senso originale che aveva. Perché è la canzone più fraintesa della storia dell’umanità. Il mio inno alla vita vera, che va vissuta, intensamente, con entusiasmo, con tutti i rischi, le altre sono canzoni che sono sfumature di vita. Noi siamo quelli con la vita complicata, non è facile, però bisogna essere. E importante vivere il momento qui e adesso. Sono i pensieri che ci rovinano la vita».

Insomma un concerto che punta sul processo di immedesimazione che da sempre è la base, e il segreto, del successo di Vasco e del rapporto unico con i suoi fans, che si ritrovano “cantati” nei testi delle sue canzoni e con i quali lui, a sua volta, ha scoperto di condividere le stesse emozioni e sensazioni. «In fondo c’è un po’ di Vasco in ognuno di noi - commenta in proposito - Anche se non volete…».

Il concerto di Torino

All’insegna di tutto questo ieri sera, dopo due tappe di “riscaldamento” in riva al mare di Bibione, l’astronave del Komandante Vasco ha preso il largo approdando nel catino dello stadio Olimpico di Torino, pieno all’inverosimile, 72 mila spettatori in due serate, per aprire ufficialmente il tour e la stagione dei concerti negli stadi. Una scaletta che ripropone “vecchie conoscenze”, canzoni poco suonate in passato, che diventano occasione di riscoperta brani come “Valium”, “Quante volte”, “Io perderò”, “E adesso che tocca a me”, “Sono innocente ma..” “Vivere non è facile”, “Buoni o cattivi” e la struggente “Siamo qui”. Ci si guarda dentro, ma non si dimentica il mondo in cui viviamo. Non a caso proprio nella parte iniziale vengono proposte “Mi si escludeva” e “Gli Spari sopra”. Della prima, Vasco sottolinea “Ha trent’anni, ma non li dimostra”. E quando canta “50 anni fa il problema lo risolvevano bruciandoli... Ora non ci sono più fiammiferi”, amaramente aggiunge “Li stanno già facendo però.. .” «Questo brano sembra scritto ieri - ci ha detto nel pomeriggio - parla del problema dell’inclusione e del fatto che quando ci sono queste esclusioni iniziano le guerre. Ora io non so quali sono i modi e le maniere che ci sono per porre fine a tutto questo, L’esclusione e la non inclusione, però sono il modo per poi prendersi a botte la volta dopo…” E arrivano Gli Spari Sopra: «Dedicata a tutti i farabutti che governano in questo mondo». E poi via, proseguendo con il medley coinvolgente particolarmente apprezzato dalla platea che mescola abilmente arrangiate “La strega (la diva del sabato sera) / Cosa vuoi da me / Vuoi star ferma! / Tu vuoi da me qualcosa / Una canzone per te “ per poi sfociare in “Va bene, va bene così” e all’ormai attesissima dai fans “Se ti potessi dire”, non a caso inserita accanto a “Siamo solo noi”. È diventata un po’ il nuovo inno del popolo di Vasco, con quel “Senza rimpianto” gridato a squarciagola in modo liberatorio dentro il quale ognuno mette tutto il suo vissuto.

La band e gli arrangiamenti

Vasco appare in buona forma, tonico, entra avvolto nel suo “chiodo” rosso con borchie luccicanti, che poi alterna a giacche e felpe che richiamano il periodo in cui furono pubblicate le canzoni cantate. E indossando gli occhiali “Fatti i cazzi tuoi” diventati un must have tra i fans. Canzoni che sono rinfrescate da arrangiamenti rinnovati «che puntano soprattutto a valorizzare i testi» ed eseguiti da una band affiatata, di professionisti, trascina dalle chitarre di Vince Pastano e Stef Burns. E via tra un coro e ovazioni si veleggia al gran finale a Canzone e Albachiara in un turbinio di coriandoli e fuochi d’artificio nell’entusiasmo dello stadio tra chi si abbraccia, piange, ride felice di vivere questo momento. Pronti a ritornare l’anno prossimo.

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