Gazzetta di Modena

Intervista

Modena. Peppe Servillo: «Siamo tutti Marcovaldo, sognatori in lotta con la dura realtà»

Paola Ducci
Modena. Peppe Servillo: «Siamo tutti Marcovaldo, sognatori in lotta con la dura realtà»

L’attore stasera in piazza S. Agostino legge e interpreta i celebri racconti di Italo Calvino

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MODENA Questa sera alle 21, in piazza Sant’Agostino, Peppe Servillo legge e interpreta le fantasiose storie di uno dei personaggi più celebri della letteratura italiana, il Marcovaldo di Italo Calvino. La serata, a ingresso libero, fa parte del cartellone di “santAGOstino, una piazza per la cultura”, promosso da Comune di Modena, Fondazione di Modena e Fondazione Ago, con il sostegno del Gruppo Hera. Attore, cantante e narratore di grande intensità, la celebre voce degli Avion Travel torna a Modena per immergersi in uno dei testi più amati di Calvino accompagnato dalle note della chitarra di Cristiano Califano.

Servillo ben tornato a Modena. Lei più volte ha detto che si sente a casa qui.

«Grazie. Torno sempre volentieri in questa città che mi piace particolarmente e ne apprezzo sempre tantissimo, oltre ai modenesi e al cibo l’offerta culturale. Mi riferisco non solo alle proposte musicali e teatrali, ma anche a quelle culturali, come per esempio i numerosi Festival che propone. A Modena ho avuto una collaborazione più che decennale con Ater, in particolare quando si occupava della distribuzione di concerti. Ho incontrato persone meravigliose in quell’ambito e ho passato momenti davvero unici e indimenticabili. È stato un periodo bellissimo».

A proposito di diffusione della cultura. Cosa ne pensa del contesto in cui si esibirà: una piazza dedicata alla cultura che per tutta estate, ogni sera, ha offerto innumerevoli proposte gratuitamente ai cittadini?

«Penso che il valore civile di promuovere un’iniziativa del genere all’aperto, gratuitamente, per tutta la cittadinanza, per tutta l’estate sia enorme. È un segno forte che fa ben capire quanto l’amministrazione di un territorio crede nel valore della promozione della cultura tra i cittadini. È il Comune che accoglie e che offre alla cittadinanza a mio avviso un servizio. Il nostro mestiere, parlo per me, per come lo intendo io, ma credo anche per tanti altri come me, è anche, tra virgolette, un servizio e noi non possiamo che metterci a disposizione di iniziative del genere. Certo non è facile, non si deve dimenticare che c’è una parte della cittadinanza che non è abituata ad andare a teatro ma noi artisti dobbiamo accettare questa sfida e anche se sappiamo che gli spettacoli dal vivo all’aperto gratuiti sono più complicati, non dobbiamo mai tiraci indietro. Io affronto sempre queste occasioni con un grande spirito di servizio, nel senso alto e nobile della parola».

Parlando invece dello spettacolo c’è un motivo per cui ha scelto questo personaggio di Calvino da portare sulla scena?

«È una lettura ad alta voce che mi è stata proposta anni fa ma che ho accettato subito con entusiasmo. Le favole di Marcovaldo hanno un passo che è quello del racconto breve, di cui spesso ci si dimentica la sua grande bellezza e dignità. Le novelle raccontano con tono fiabesco e ironico i piccoli fallimenti quotidiani di un uomo che, pur immerso nella modernità urbana, non smette di guardare con stupore alle cose semplici: una foglia che ingiallisce, un insetto che passa, un segno impercettibile delle stagioni. Ogni volta, però, il suo sguardo poetico si scontra con la durezza della realtà, con un ambiente urbano che non concede tregua. Portare Marcovaldo in piazza significa per me restituire al pubblico un racconto che è ancora di grande attualità. Pensiamo alla vita caotica delle nostre città, la povertà diffusa sempre più crescente ma anche il desiderio di non perdere il contatto con ciò che è autentico, anche se questo risulta per molti sempre più difficile».

Secondo lei chi è allora Marcovaldo oggi?

«Siamo un po’tutti noi, partendo dalla considerazione che l’esperimento permanente della vita metropolitana molto spesso fallisce. Il nostro è il Paese dei cento campanili, come si diceva, una espressione abusata, perché per fortuna in Italia esistono molti esempi diversi, penso a regioni come le Marche, l’Umbria, dove invece la densità di popolazioni è in equilibrio e in armonia con l’ambiente circostante. Magari parte di noi vive o comunque lavora in grandi città che ci costringono a un tipo di vita che non coincide probabilmente con quella che noi ci aspettavamo andando nella grande città. Mi correggo, forse più che “siamo tutti Marcovaldo” dovremmo provare a “diventare tutti Marcovaldo”, sviluppando una coscienza che ci permetta di contribuire nel nostro piccolo, sapendo anche guardarci indietro, a rendere la vita delle nostre grandi città decisamente migliore». l